( Dottore di ricerca in Geobotanica )
Luigi Baselice è nativo di Biccari, farmacista, il primo vero botanico (Corrispondente di Miche Tenore, fondatore e Direttore dell’Orto Botanico di Napoli) che esplora la flora di un territorio considerevole della Capitanata, poiché se la sua meta è in qualche modo il Gargano, il suo viaggio comincia dalla pianura. Nei suoi elenchi che diverranno le prime liste floristiche del Gargano e più in generale della Capitanata, si trovano anche informazioni relative all’uso che ne facevano allora le comunità locali (alimentare, medicinale).
Di molte piante riporta il nome volgare e gli utilizzi pratici come quello della Reseda luteola (Sgagliazzo in San Marco in Lamis e Apricena) e della Thapsia garganica L. (Turbitto, in San Marco in Lamis) usato «per tingere gonne in giallo facendole bollire in acqua»; dell’Alkanna tinctoria (L.) Tausch, conosciuta a Manfredonia come Citcìt, che «donne usano succhiare la radice per bellettar segretamente».
Per restare sull’uso alimentare, ci troviamo Rumex acetosella L. («si mangia quando tenera specialmente donne gravide»); Pistacia terebinthus L. («a Sannicandro si mangiano i virgulti allorché son teneri»); Sonchus oleraceus L. ( S’vòn’, in Manfredonia, Cascino, in Monte S. Angelo e in Sannicandro) ove «si mangia quando è tenera con il pane». Documenta di uso comune anche piante che oggi sappiamo tossiche come Clematis viticella L. (Cucco a Monte S. Angelo), ove «si mangia cotto all’acqua» e soprattutto vi troviamo piante povere, di scarsissimo valore alimentare come Solanum nigrum L. («In insalata per povera gente»).
Troviamo però anche conferme di usi alimentari che si conservano ancora oggi come Asphodeline lutea L. Rchb. (Coda di Cavallo in Manfredonia, e in Monte S. Angelo; Calcavallo a San Giovanni Rotondo) ove «si mangia la pianta allorchè è tenera», o Pistacia terebinthus L. che veniva consumato a Sannicandro (virgulti teneri). Elementi di novità sono il particolare utilizzo di Valerianella locusta in «insalata con l’aglio», o della Reichardia picroides (L.) Roth. (Caccialepre) in brodo di carne, o infine dell’utilizzo di Rumex acetosella L. da parte delle donne gravide.
Dalle testimonianze di Baselice si scoprono inoltre specie che non sembrano avere nessun interesse alimentare come Scorzonera hirsuta L., consumata a San Marco in Lamis, San Giovanni e Manfredonia o quella che a San Severo chiamavano Sinapicalici [(Coronopus squamatus (Forsk) Asch.)]; o l’uso alimentare di specie di «chenopodi» (Chenopodium spp.) che Baselice rileva a San Severo e a Lesina. Il valore edule di Chenopodium album è noto, ciò che non risulta altrettanto è l’uso alimentare di Chenopodium hibridum e Chenopodium viride. La solita erba della povera gente!. È questa, che sulla propria pelle sperimenta le potenzialità alimentari delle piante, evidentemente ancora costretta a farlo anche ai tempi di Baselice.
Un altro esempio è quello di Hyoscyamus albus L., notissima pianta velenosa (presente anche nei nostri centri abitati) che Baselice trova a Manfredonia (Sugamele o Zampognara, in Manfredonia, Cascavalluzzo, in Monte S. Angelo) ancora oggetto di «sperimentazioni» culinarie, se per sopperire la fame, scrive Baselice: «Alcuni pastori, con l’aver mangiato uno di questi Giusquiami cotto con l’acqua insieme col
pane e condimenti, divennero frenetici per 24 ore». Un sintomo evidente e tipico degli alcaloidi di cui la specie ne è ricca.