Contrastare il cambiamento climatico

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La disponibilità costante di energia pulita ed economica è un elemento importante nello sviluppo sostenibile. L’incremento nel consumo energetico durante l’ultimo secolo è stato accompagnato da una ripida salita nelle emissioni di gas con effetto serra, risultante in un cambiamento climatico più rapido. L’impatto negativo del cambiamento climatico avrà un effetto principalmente sui paesi in via di sviluppo. Contrastare il problema climatico dipenderà da:

– partecipazione alle politiche internazionali sul clima da parte dei paesi ricchi, delle economie emergenti (Cina, India, Russia) e da parte dei paesi dell’Opec;
– allargamento del sistema europeo di scambio di emissioni per includere altri paesi per contrastare il problema del clima globale efficientemente;
– promozione della cattura e sequestro della CO2 nelle nuove centrali a carbone e promozione dell’uso di fonti alternative di energia attraverso un sistema di sussidi e tasse, o obbligando il loro uso attraverso leggi, fino a quando il sistema di scambio di emissioni diventa esso stesso incentivante economicamente;
– riduzione delle aspettative circa il contributo che i biocombustibili possono apportare agli obiettivi europei del 2020 e presa in considerazione gli impatti negativi su cibo e biodiversità; accelerazione dello sviluppo di biocombustibili di seconda generazione per ridurre la competizione fra cibo e riduzione dell’energia. Comunque, è improbabile che i biocombustibili di seconda generazione siano disponibili prima del 2020.

La votazione

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Molti dei paesi che si sono opposti all’ultima risoluzione dichiarano che si sono totalmente dissociati dalla Dichiarazione: tra i 17 membri dell’Unione Europea, solo la Danimarca ha votato a favore. In ogni caso La Moratoria sulla caccia rimarrà in vigore poiché è necessaria una maggioranza di almeno tre quarti dei voti per ribaltare la situazione.

58° Commissione Baleniera Internazionale (Iwc)

Risultato del voto per la Dichiarazione di St. Kitts e Nevis non vincolante per una normalizzazione dell’Iwc, con la quale si chiede un ritorno al mandato del 1946 secondo cui la commissione era mero regolatore della caccia senza alcuna istanza di conservazione dei cetacei.

No 32, Sì 33, Astenuti 1, Assenti 4

1. Antigua and Barbuda – SI’
2. Argentina – NO
3. Australia – NO
4. Austria – NO
5. Belgio – NO
6. Belize – NO
7. Benin – SI’
8. Brazil – NO
9. Cambogia – SI’
10. Camerun – SI’
11. Chile – NO
12. Cina – ASTENUTO
13. Costa Rica – ASSENTE
14. Costa d’Avorio – SI’
15. Repubblica ceca – NO
16. Danimarca – SI’
17. Dominica – SI’
18. Finlandia – NO
19. Francia – NO
20. Gabon – SI’
21. Gambia – SI’
22. Germania – NO
23. Granada – SI’
24. Guatemala – ASSENTE
25. Guinea – SI’
26. Hungary – NO
27. Islanda- SI’
28. India – NO
29. Irlanda – NO
30. Israele – NO
31. Italia – NO
32. Giappone – SI’
33. Kenya – ASSENTE
34. Kiribati – SI’
35. Corea – SI’
36. Lussemburgo – NO
37. Mali – SI’
38. Marshal Islands – SI’
39. Mauritania – SI’
40. Messico – NO
41. Monaco – NO
42. Mongolia – si
43. Marocco – SI’
44. Nauru – SI’
45. Olanda – NO
46. Nuova Zelanda ? NO.
47. Nicaragua – SI’
48. Norvegia – SI’
49. Oman – NO
50. Palau – SI’
51. Panama – NO
52. Perù – ASSENTE
53. Portogallo – NO
54. Russia – SI’
55. St. Kitts e Nevis – SI’
56. St. Lucia – SI’
57. St. Vincent and the Grenadines – SI’
58. San Marino – NO
59. Senegal – SI’
60. Repubblica slovacca – NO
61. Isole Solomon – SI’
62. S. Africa – NO
63. Spagna – NO
64. Suriname – SI’
65. Svezia – NO
66. Svizzera – NO
67. Togo – SI’
68. Tuvalu – SI’
69. USA – NO
70. GB – NO

(Fonte Wwf)

La povertà

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Per la popolazione mondiale, la povertà, a livello globale, è in fase di riduzione ma ad un ritmo molto inferiore di quello programmato per raggiungere il dimezzamento entro il 2015. La crisi finanziaria ed economica mondiale che è subentrata alla fine del 2008 non aiuterà certo ad accelerare gli sforzi, la maggior parte dei quali vengono effettuati attualmente da accordi multilaterali e da accordi bilaterali di paesi sviluppati che hanno interesse ad investire nei Pvs. Gli aiuti economici e finanziari per i Paesi in via di sviluppo, attraverso gli organismi multilaterali (banca mondiale, fondi regionali, fondi intergovernativi), comunque, non aumentano, anzi nel 2008, forse anche a causa della crisi mondiale, mostrano una tendenza alla diminuzione.

Interrogativi pesanti

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…Oppure deve continuare una logica di potere? E come spiegare altrimenti, in quest’ottica, che quando manca solo una settimana al Summit Ue-Usa in programma il prossimo 30 Aprile a Washington, secondo alcuni diplomatici di Washington non ci sarà nessuna dichiarazione congiunta; e stando ad un diplomatico dell’Ue non sarebbe ancora circolata nessuna bozza di testo su energia e cambiamenti climatici, un ritardo insolito prima di un summit del genere?

Né può interpretarsi positivamente il fatto che la Cina ha divulgato per la prima volta target interni per combattere il riscaldamento globale, ma secondo alcuni analisti, anche se questi fossero adottati ufficialmente sarebbero scarsamente ambiziosi e poco efficaci, analogamente a quelli degli Stati Uniti.
Infatti il nuovo documento «The National Climate Change Assessment Report», secondo l’agenzia Reuters, escluderebbe «limiti assoluti e obbligatori» prima del 2050 sulle crescenti emissioni di gas-serra della Cina, ritenendo la crescita economica una priorità maggiore. Suggerirebbe invece di ridurre la «carbon intensity» della Cina, vale a dire la quantità di anidride carbonica emessa per unità di prodotto interno lordo («Gross domestic product», Gdp), del 40% dal 2000 al 2020. Tuttavia, siccome durante quel periodo la Cina ha l’obiettivo di quadruplicare il proprio Gdp, le emissioni come minimo raddoppierebbero nonostante questa misura. In realtà, secondo fonti che hanno visto il documento, gli obiettivi di «carbon intensity» non comparirebbero ufficialmente nel piano Nazionale sui Cambiamenti Climatici, che doveva essere pubblicato oggi, ma che è stato rimandato in data da definire.

Anche gli Stati Uniti hanno per ora rifiutato di imporre limiti alle emissioni di gas-serra e come la Cina preferiscono un obiettivo di riduzione della «carbon intensity», nel loro caso del 18% dal 2002 al 2012.

Però negli Usa esiste un forte movimento «interventista» contro i gas serra. Il 19 Aprile 2007 sono state centinaia le città statunitensi che si sono impegnate per ridurre le emissioni di gas-serra, in assenza di impegni da parte del governo federale. Da New York a Los Angeles e Las Vegas, 464 leader delle città, rappresentativi di più di 62 milioni di Americani nei 50 Stati, hanno firmato l’accordo volontario «U.S. Mayors Climate Protection Agreement».
Le città che partecipano all’iniziativa si impegnano a: 1. raggiungere i target del Protocollo di Kyoto nelle proprie comunità (attraverso varie misure quali: un’appropriata pianificazione dell’uso del suolo nell’ambiente urbano, progetti di recupero del verde urbano, campagne di sensibilizzazione ecc…); 2. fare pressione sul governo dei propri Stati e sul governo federale affinché sia data attuazione a politiche e programmi volti a raggiungere il target di riduzione delle emissioni indicato dal Protocollo di Kyoto per gli Stati Uniti; 3. fare pressione sul Congresso Statunitense affinché sia approvata una legislazione per la riduzione delle emissioni, che stabilirebbe anche un sistema nazionale di mercato dei crediti di carbonio.

Tutto questo mentre, come fa l’Europa, Giappone e Usa intendono rafforzare la propria cooperazione nella lotta al riscaldamento globale per il periodo post 2012. Al termine del loro prossimo incontro previsto per venerdì, i termini dell’accordo dovrebbero


essere resi noti in un documento congiunto in cui i due leader stabilirebbero anche misure di cooperazione per lo sviluppo di iniziative innovative per il risparmio energetico ed altre tecnologie ambientali. Rimangono comunque molte le incertezze riguardo lo sviluppo di tale processo di collaborazione.
Abe aveva già concluso un accordo con il Premier Cinese Wen Jiabao lo scorso 11 Aprile per cooperare allo sviluppo di un quadro post-Kyoto efficace per la riduzione delle emissioni di gas-serra.

Insomma è sempre il business in primo piano e i cambiamenti climatici sono il nuovo motore, come lo sono già stati la schiavitù, i salari agli operai, la fame nel mondo, la non proliferazione nucleare. E di tanto in tanto, a seconda del paese su cui fare pressione, spuntano anche i diritti umani e la pena di morte…

Un trattato economico

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Con questa introduzione sul paesaggio che non è quello degli artisti o degli stessi geografi, «Coltivazione, malattie e commercio degli agrumi» di Del Viscio, diventa già una straordinaria rappresentazione che ci permette di conoscere struttura, forma e dinamiche di questo paesaggio e nello stesso tempo ci fa riconoscere il valore e l’importanza legati alla stessa nozione di paesaggio. Il titolo dell’opera, ben lontano da questa impostazione, è sicuramente riduttivo, ecco qui, forse la «modesta sapienza» del personaggio; ci si aspetterebbe un normale manualetto per addetti in cui si parla di coltivazione d’agrumi. Niente di tutto questo, dall’inizio alla fine. Il tema agrumi è invece affrontato con altissimo rigore scientifico, con una organicità che trova pochi raffronti nel panorama della letteratura agraria dell’epoca in cui Del Viscio diede alla stampe l’opera.
Poco sappiamo quanto sia stata realmente letta e conosciuta questa sua fatica che è scritta per il commerciante, il produttore d’agrumi, il poeta, perché possano visitare gli agrumeti del Gargano e trovare «idee e concetti, nozioni e sentimenti sempre nuovi». Attraverso i suoi agrumeti vuole far conoscere, valorizzare il suo Gargano che distingue e «rende ammirato il paesaggio pittoresco» e che concorreranno a caratterizzare l’Italia, scrive, «coll’invidiabile nome di Giardino d’Europa». A caratterizzare questo Giardino, contribuiranno anche gli agrumi del Gargano: con l’opera di Del Viscio abbiamo così il più importante documento che attesta l’incredibile importanza agronomica, economica e commerciale che la piccola realtà agrumicola del Gargano ha avuto in Italia e nel panorama agrumicolo del Mediterraneo. Per almeno un cinquantennio è stato al terzo posto per la produzione d’agrumi in Italia, al primo posto per le rese unitarie e per i profitti.
L’argomento agrumi del Gargano, è spesso ricorrente in tutta la produzione libraria di Del Viscio; ne parla a proposito di meteorologia, ne parla in un altro straordinario lavoro sul Bosco D’Umbra («Il Bosco d’Umbra-Iacotenente sul Monte Gargano», 1894). Gli agrumi sono la grande risorsa del Gargano e Del Viscio ne è pienamente consapevole: continui i suoi appelli per frenare il disboscamento, per salvare ad ogni costo il Bosco d’Umbra, riserva naturale d’acqua che garantiscono le condizioni idrologiche, fitoclimatiche per la loro affermazione. Il disboscamento secondo Del Viscio era causa del declino della coltura della vite, dell’olio (solo Vico riusciva a produrre secondo i dati del Fraccacreta fino a 30mila some di vino) e se «si continuerà a distruggere i pochi boschi che ne rimangono ? scrive nel suo libro sul Bosco d’Umbra ? la coltivazione degli agrumi diverrà per noi una industria di assai problematico successo». Pertanto è necessario conservare la Selva d’Umbra «giacché la scomparsa della stessa farebbe indubitatamente scomparire le nostre sorgenti, e per conseguenza anche gli alberi d’agrumi».
Quando Del Viscio consegna alle stampe «Coltivazione, malattie e commercio sugli agrumi», la realtа agrumicola di Vico, Rodi ed Ischitella, conosce già da un decennio la sua prima grande crisi: chiusi i mercati americani, mancanza di sbocchi commerciali alternativi a quella storica via del mare (grazie agli agrumi il Gargano settentrionale romperà definitivamente lo storico isolamento).

Cominciarono i sovietici

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Ma come si misura il flusso di denaro che circola da un settore economico all’altro, dai settori produttivi alle famiglie che comprano merci e servizi e a loro volta «vendono» lavoro agli stessi settori produttivi?

Vari tentativi sono stati fatti addirittura nel Settecento e nel corso dell’Ottocento, ma un concreto tentativo di valutazione «meccanica» di tale flusso si è avuto agli inizi del Novecento nell’Unione sovietica; negli anni Venti il governo bolscevico instaurato da Lenin doveva ricostruire un paese devastato dalla guerra e dalla crisi economica, con industria e agricoltura arretrate, con una popolazione dilaniata da divisioni e odi interni. Non sarebbe stato possibile risollevare l’industria del grande paese, ricco di risorse naturali, non sarebbe stato possibile riportare gli alimenti e le merci nei negozi, senza una pianificazione capace di indicare le priorità produttive: elettricità, carbone, concimi, acciaio, grano, burro, eccetera. E la pianificazione richiedeva la conoscenza di un quadro completo delle produzioni e dei loro rapporti: quanti concimi e trattori occorrono per aumentare la produzione di grano; quanto carbone per aumentare la produzione di acciaio; quanto acciaio per produrre i trattori, quanto latte occorre per assicurare il burro alle famiglie; quanto denaro occorre per tenere in moto tutta questa materia?

Per dare una risposta a tali domande Lenin nel 1921 creò il Gosplan, lo speciale ufficio per la pianificazione, in cui raccolse i migliori ingegni economici, matematici, tecnico-scientifici del paese, per costruire il primo bilancio economico dell’Urss. In questa atmosfera lavorò un giovanotto, Vassily Leontief, che nel 1925, ad appena 19 anni, scrisse il primo dei numerosi articoli che lo avrebbero portato al premio Nobel per l’economia. Leontief si trasferì successivamente negli Stati Uniti dove fu assunto, negli anni Trenta, dall’ufficio di ricerche economiche col compito di redigere, per l’America, un bilancio economico simile a quello a cui aveva lavorato nell’Urss.

Visto in prospettiva si trattava di un lavoro gigantesco; occorreva avere attendibili informazioni statistiche, comprendere come ciascun settore economico «vende» merci a tutti gli altri settori e rifornisce, con le proprie tasse, le tasche dello Stato; come le famiglie «vendono» il proprio lavoro ai vari settori economici e col ricavato acquistano i beni e i servizi necessari.
Questa grande circolazione di denaro e di beni materiali può essere «scritta» in una grande «tabella» di interdipendenze settoriali o, come si dice, di rapporti input-output. Ciascun settore produttivo e di consumi finali e di servizi ha una entrata (input), proveniente da tutti gli altri settori e a tutti gli altri settori cede qualcosa (output): materie prime, energia, metalli, grano, automobili, concimi, tessuti, carne, lavoro, servizi di trasporti, eccetera. E questa gran massa di dati doveva essere rappresentata in una forma matematica adatta a rispondere alla domanda: per far aumentare del 10 per cento la produzione di acciaio, di quanto deve aumentare la produzione di minerali, la richiesta di mano d’opera, di quanto aumenteranno i consumi delle famiglie?

L’idea originale del Gosplan fu di scrivere una contabilità nazionale in unità fisiche; tale idea discendeva dalla trattazione


marxiana della «circolazione» e della «riproduzione» dei beni, fu teorizzata da Bucharin e Preobrazenski, nel celebre «ABC del comunismo», del 1922, e suscitò un vivace dibattito anche teorico e politico. Molte testimonianze sono contenute nel libro (ormai raro) curato da Nicolas Spulber, «La strategia sovietica per lo sviluppo economico, 1924-1930. La discussione degli anni Venti nell’Urss», pubblicato nel 1954 e tradotto in italiano da Einaudi nel 1970.

Ifmif

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Lo sviluppo di materiali idonei all’impiego in Demo e nei reattori commerciali richiederà la continuazione delle ricerche per l’ottimizzazione delle proprietà elettromeccaniche e per la loro fabbricazione industriale durante le varie fasi operative della centrale. Per queste indagini si utilizzeranno, nella misura del possibile, gli impianti a fissione per la prova dei materiali già esistenti. Tuttavia la presenza di una maggiore percentuale di neutroni veloci nello spettro della fusione rispetto a quello della fissione, determinerà nei materiali una modifica della tenuta sotto irraggiamento. Questo richiederà prove in un nuovo impianto dove si potrà simulare l’effettivo spettro di fusione. Come già accennato, il progetto preliminare di questo impianto schematizzato in figura 6, chiamato Ifmif (International Fusion Material Irradiation Facility), è già stato elaborato. Il concetto su cui si basa è quello di produrre lo spettro neutronico richiesto, confrontabile a quello di un reattore a fusione, in un volume sufficiente per simulare il danno sui materiali dei componenti più vicini al plasma attraverso il bombardamento di un bersaglio di litio metallico in movimento con deuteroni ad alta energia.
Ciò è ottenuto attraverso il bombardamento di un bersaglio di litio metallico in movimento con deuteroni ad alta energia (40 MeV) accelerati in due acceleratori lineari, con 125 mA di corrente ciascuno. Nel volume a più alto flusso di neutroni, davanti al bersaglio di litio, è possibile irraggiare materiali fino a 20 ? 50 dpa/anno, con la possibilità quindi di ottenere dati utili per l’impiego di tali materiali in un reattore di potenza (Demo) nell’arco di circa cinque anni. In Ifmif saranno provati sia i materiali per Demo (acciai ad attivazione ridotta, e.g. Eurofer, l’acciaio giapponese ad attivazione ridotta F82H) sia i materiali a più lungo termine come i ceramici compositi tipo il Carburo di Silicio (SiCf/SiC).
Il completamento del progetto dell’impianto e la realizzazione dei prototipi dei componenti principali sono previsti entro 6 anni, nel quadro dell’accordo «broader approach» fra Ue e Giappone fatto a margine dei negoziati per Iter con l’obiettivo di accelerare lo sviluppo dei reattori a fusione. Quindi l’impianto Ifmif potrebbe essere costruito entro i prossimi 10-12 anni, in parallelo con la realizzazione e l’attività di Iter.

Senz’auto si può

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A Londra, le prime case per abitanti «senz’auto» sorgeranno nel quartiere di Camden. Si tratta di 90 appartamenti e villette in tre complessi residenziali che saranno pronti per il 1999.
I primi progetti di quartieri chiusi alle auto, circolavano già dal 1994 in Germania. A Berlino 1.300 famiglie si dichiaravano pronte a rinunciare all’auto e c’erano già 14 milioni di cittadini che sbrigavano le proprie faccende a piedi, in bici o con mezzi pubblici. Ad Amsterdam è in costruzione un quartiere di 600 appartamenti e a Vienna si costruiscono 300-500 abitazioni.
E’ una moda o una tendenza? Le città del futuro saranno senz’auto? Secondo alcune previsioni nel 2010 abiteranno nelle città 3,3 miliardi di persone rispetto a un totale previsto di 6,59 miliardi. E c’è chi prevede che nel 2000 le immatricolazioni di veicoli nuovi supereranno i 40 milioni a fronte dei 34,4 del 1995. La tendenza dovrebbe essere confermata nel 2004 con la circolazione sulle strade di tutto il mondo di 45 milioni di veicoli nuovi.