Tempo di lettura: 2 minuti Ma come si misura il flusso di denaro che circola da un settore economico all’altro, dai settori produttivi alle famiglie che comprano merci e servizi e a loro volta «vendono» lavoro agli stessi settori produttivi?
Vari tentativi sono stati fatti addirittura nel Settecento e nel corso dell’Ottocento, ma un concreto tentativo di valutazione «meccanica» di tale flusso si è avuto agli inizi del Novecento nell’Unione sovietica; negli anni Venti il governo bolscevico instaurato da Lenin doveva ricostruire un paese devastato dalla guerra e dalla crisi economica, con industria e agricoltura arretrate, con una popolazione dilaniata da divisioni e odi interni. Non sarebbe stato possibile risollevare l’industria del grande paese, ricco di risorse naturali, non sarebbe stato possibile riportare gli alimenti e le merci nei negozi, senza una pianificazione capace di indicare le priorità produttive: elettricità, carbone, concimi, acciaio, grano, burro, eccetera. E la pianificazione richiedeva la conoscenza di un quadro completo delle produzioni e dei loro rapporti: quanti concimi e trattori occorrono per aumentare la produzione di grano; quanto carbone per aumentare la produzione di acciaio; quanto acciaio per produrre i trattori, quanto latte occorre per assicurare il burro alle famiglie; quanto denaro occorre per tenere in moto tutta questa materia?
Per dare una risposta a tali domande Lenin nel 1921 creò il Gosplan, lo speciale ufficio per la pianificazione, in cui raccolse i migliori ingegni economici, matematici, tecnico-scientifici del paese, per costruire il primo bilancio economico dell’Urss. In questa atmosfera lavorò un giovanotto, Vassily Leontief, che nel 1925, ad appena 19 anni, scrisse il primo dei numerosi articoli che lo avrebbero portato al premio Nobel per l’economia. Leontief si trasferì successivamente negli Stati Uniti dove fu assunto, negli anni Trenta, dall’ufficio di ricerche economiche col compito di redigere, per l’America, un bilancio economico simile a quello a cui aveva lavorato nell’Urss.
Visto in prospettiva si trattava di un lavoro gigantesco; occorreva avere attendibili informazioni statistiche, comprendere come ciascun settore economico «vende» merci a tutti gli altri settori e rifornisce, con le proprie tasse, le tasche dello Stato; come le famiglie «vendono» il proprio lavoro ai vari settori economici e col ricavato acquistano i beni e i servizi necessari.
Questa grande circolazione di denaro e di beni materiali può essere «scritta» in una grande «tabella» di interdipendenze settoriali o, come si dice, di rapporti input-output. Ciascun settore produttivo e di consumi finali e di servizi ha una entrata (input), proveniente da tutti gli altri settori e a tutti gli altri settori cede qualcosa (output): materie prime, energia, metalli, grano, automobili, concimi, tessuti, carne, lavoro, servizi di trasporti, eccetera. E questa gran massa di dati doveva essere rappresentata in una forma matematica adatta a rispondere alla domanda: per far aumentare del 10 per cento la produzione di acciaio, di quanto deve aumentare la produzione di minerali, la richiesta di mano d’opera, di quanto aumenteranno i consumi delle famiglie?
L’idea originale del Gosplan fu di scrivere una contabilità nazionale in unità fisiche; tale idea discendeva dalla trattazione
marxiana della «circolazione» e della «riproduzione» dei beni, fu teorizzata da Bucharin e Preobrazenski, nel celebre «ABC del comunismo», del 1922, e suscitò un vivace dibattito anche teorico e politico. Molte testimonianze sono contenute nel libro (ormai raro) curato da Nicolas Spulber, «La strategia sovietica per lo sviluppo economico, 1924-1930. La discussione degli anni Venti nell’Urss», pubblicato nel 1954 e tradotto in italiano da Einaudi nel 1970.