Manifesto di Brescia

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Per tempi lunghissimi l’agricoltura contadina è stata in grado di soddisfare i bisogni umani di cibo e di materiali attraverso un legame organico con la natura, con l’energia solare, con i gas dell’atmosfera, con l’acqua, con la terra, con gli animali, e come tale sopravvive in molti paesi dell’America Latina, dell’Asia e dell’Africa.

Negli ultimi due secoli si è verificata una rottura dei vincoli naturali con l’avvento di una modernizzazione che ha promesso di soddisfare i bisogni fondamentali di popolazioni in rapida crescita attraverso l’industrializzazione dell’agricoltura, dell’allevamento e pesca, nonché della trasformazione e distribuzione degli alimenti.

Tale industrializzazione, facendo perno sulla meccanizzazione, sull’impiego di sostanze chimiche come concimi e pesticidi e su una selezione genetica orientata alle varietà a resa elevata, si è imposta nei paesi di più antico e consolidato sviluppo, come quelli europei e americani, con una forza capace di travolgere tutte le resistenze. L’agricoltura, nella visione corrente, è così diventata un reparto dell’industria, adottandone la logica di standardizzazione, uniformazione, economie di scala, espulsione e precarizzazione della manodopera.

L’agricoltura industriale si è imposta nei paesi capitalisti e nelle loro colonie, così come nei paesi socialisti o ex comunisti; il progresso dell’agricoltura industriale è stato presentato e visto come l’unica via percorribile per debellare la fame e la povertà, alimentare una popolazione mondiale in continua espansione demografica, consentire a tutti di poter godere del benessere che la produzione industriale nel suo complesso era in grado di mettere a disposizione.

L’agricoltura odierna non è più soltanto industriale ma tecnico-scientifica, non è più solo questione di meccanica, chimica e genetica tradizionale ma di biotecnologie, con intrecci inestricabili tra centri di ricerca e aziende chimiche e farmaceutiche, Stati, organismi sovranazionali, capitali di rischio, speculazioni sulle derrate, privatizzazione e commercializzazione di ogni risorsa naturale (e umana).

L’industrializzazione ha influenzato anche la distribuzione alimentare attraverso l’affermarsi dilagante delle catene di «supermercati» e la creazione di complesse filiere logistiche e di trasformazione lungo tutto il sistema agro-alimentare, oggi in gran parte globalizzato e finanziarizzato.

Questa macchina sostenuta da una formidabile azione pubblicitaria, talvolta mascherata da informazione scientifica, presenta delle crepe e vibrazioni pericolose, sembra procedere alla cieca orientata solo dalla logica del profitto, creando guasti eccessivi sul suolo su cui poggia, nella sua avanzata arreca danni alle forme viventi e alle stesse persone che trascina nella sua marcia apparentemente inarrestabile.

Il sistema agro-industriale nella sua versione più avanzata è insostenibile per l’ambiente, a causa dello sperpero di risorse non rinnovabili e della sempre maggiore dipendenza da esse, per i pesanti attacchi che porta alla diversità e vitalità degli ecosistemi terrestri e marini e ai relativi paesaggi storicamente costruiti; perché non rispetta la genetica e l’etologia degli animali e produce alimenti di bassa qualità, minando alle radici la varietà e ricchezza delle tradizioni alimentari locali e regionali; fomenta conflitti politici e vere e proprie guerre; toglie posti di lavoro e moltiplica i lavori precari e semi-schiavili; diffonde la cultura dell’usa e getta e del consumo senza qualità e consapevolezza; influenza negativamente la salute dei consumatori; concorre a riprodurre la disuguaglianza, creando una divisione inaccettabile tra chi ha troppo e spreca alimenti e risorse e chi manca del cibo o deve accontentarsi di alimenti scadenti e insufficienti. E’ una macchina formidabile e in continua espansione che promette di nutrire il pianeta mentre nella realtà riproduce una struttura di spreco e di ingiustizia.

L’agricoltura industrializzata è incompatibile con l’ecosfera e la vita degli ecosistemi come appare dalle crescenti manifestazioni di cambiamenti climatici, di erosione del suolo, di perdita di fertilità e di biodiversità, di inquinamento delle acque ad opera dei residui di concimi e pesticidi e dei residui della zootecnia.

L’agricoltura «biologica», nata come reazione all’agricoltura industriale, sta conseguendo successi, in certi casi, superiori alle produzioni ad alta intensità di additivi chimici e geneticamente modificate. La sua crescita è accompagnata dalla maturazione del comparto produttivo, dalla crescente consapevolezza dei consumatori circa le valenze ambientali e salutistiche degli alimenti biologici, ma anche da forti campagne mediatiche sostenute da portatori di interessi particolarmente robusti, da un sempre maggiore attenzione al biologico da parte della grande distribuzione, dell’industria alimentare e, in ultimo, della finanza che stanno investendo nel settore anche attraverso lo sviluppo di catene di supermercati specializzati.

Si pone quindi il problema di una possibile convergenza tra agricoltura biologica e sistema agro-industriale. L’aumento delle importazioni in competizione con le produzioni locali e regionali, le continue deroghe come quella sulle sementi e sulle metodologie agricole e zootecniche, lo sviluppo delle aziende «miste» biologiche e convenzionali, i continui casi di frode, lo scontro istituzionale testimoniano una situazione, quella attuale, di grande conflittualità.

La speranza è quella della creazione, a partire da una tradizione agronomica scientifica quale quella dell’agricoltura biologica italiana, di un sistema agro-alimentare ecologico, alternativo rispetto a quello industriale e finanziario, dove agricoltori, trasformatori, distributori, consumatori non agiscono in competizione gli uni contro gli altri per interessi esclusivamente economico-monetari, ma in cooperazione per finalità fondamentalmente economico-ecologiche.
Il successo di diversi modelli agro-alimentari alternativi, in Italia come in altri paesi, testimonia che la speranza è ben riposta. Una trasformazione ecologica dei sistemi agro-alimentari è non solo esperibile ma anche fattibile e tangibile.

Una economia agricola rinnovata, ecologica, può assicurare un reddito dignitoso, un lavoro soddisfacente, la sperimentazione di nuove forme di convivenza sociale e un rapporto consapevole con l’ambiente di vita. Una trasformazione legata ai prodotti e ai produttori del territorio e dimensionata ad essi , una distribuzione veramente a servizio degli agricoltori e dei cittadini e volta a limitare gli sprechi materiali ed energetici.

L’agricoltura ecologica, rispondente ai bisogni e alle necessità dell’oggi, può e deve raccogliere e superare l’eredità sia dell’agricoltura contadina sia di quella industriale. È una transizione in cui è fondamentale il ruolo delle giovani generazioni e delle donne, come lo era stato all’origine delle agricolture contadine. La sua affermazione, passando da situazioni di nicchia a fenomeno socialmente rilevante, le consentirà di svolgere un ruolo prezioso di rigenerazione sul piano culturale, ecologico ed economico rimettendo al centro dell’operare umano il valore del saper fare e della manualità, il valore del lavoro e del suo senso, il valore delle cose e delle relazioni, il valore del tempo, dei tempi dell’attesa, del silenzio e dell’otium come opportunità di conoscenza, come capacità di godere della vita senza consumarla.

A NEW MODEL OF INDIVIDUAL COGNITIVE STIMULATION THERAPY FOR DEMENTIA: WHAT’S RELATIONSHIP BETWEEN MIND AND BODY? A PILOT STUDY IN FIVE CASES

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“Actual problems of biophysical medicine”
(12-15 May 2016, Kiev, Ukraine).

ABSTRACT

Dore Giuseppe (1), D’Onofrio Marinella (2),
(1)MD Neurologist, Free Lance Sassari; e-mail: dottordore@tiscali.it
(2)MD Neurologist, AOU Sassari; e-mail: marin.donofrio@gmail.com

Introduction

Alzheimer’s disease (AD) is the most common cause of dementia in elderly. A potential strategy for dementia is Cognitive Stimulation Therapy (CST). It is gaining increasing importance Learning tasks can be used for cognitive rehabilitation to improving frontal functions of dementia patients encouraging to use the top-down approach Demented people although improvement seems transient and does not exceed a three months follow-up. We present the results obtained using a new model of long-term CST and the follow-up at 7 years.
Method
A small sample of subject with diagnosis of mild to moderate dementia was submitted to CST: each patient attended an individual setting for 18-24 months, twice a week. CST involved a wide range of activities to stimulate thinking, reasoning, memory and specifics hand gestures. A 7 years follow-up post-treatment was carried out.
Results
The daily living improvement registered by the caregivers at the end of treatment was confirmed in the cognitive assessment concerning most of the cognitive functions. The hypo-perfusion revealed by 99mTc-HMPAO SPECT strikingly changed after treatment. Substantial stabilization in the cognitive tests was recognized at 7 years follow-up.
Conclusions
The results obtained seem very encouraging in that: a wide cognitive reserve seems available in dementia. CST efficacy seems related to quality of the material used and length of treatment. Although the present results needs confirmation in a wider sample of patients, they strongly suggest that in these patients, targeted complex cognitive psychological therapies may lead to a long-lasting benefit of cognition and quality of life.
Da Freud a Dore.

PHARMACOELECTRODYNAMICS AND PSYCOENERGETICS TO IMPROVE POWER OF DRUG AGAINST DISEASES

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Vincenzo Valenzi, Ubaldo Mastromatteo, Albina Pisani, Pasquale Avino.

http://www.unimeier.eu/dipartimenti/scienze-biomediche.html
www.cifafondation.org

ABSTRACT

It is possible improve efficacy of great drug in the therapy of pain, infections, allergy, stress and gastric disorders, hypertension, in Pain After Surgery: Managing & Treating…  and many other diseases using elettroquantistic model and technologies applied with dynamometry, skin electric measure that could improve also the autogestion of first level of therapy by people in far theatres.

This practical development must be tested asap not only on the operative field, but also to theoretical and experimental pharmacological clinics in great center of researches and in biophysical theoretical development using the fundamental basis posed 15 years ago in a research on 500 military in GDF in Rome.
In this pharmacoelectrodynamics model we can see how electrical phenomena are operative not only at the level of a single cell but in all human body on top of to nervous and muscolar system, with not only ecg or eeg or emg but with with other electric and Ohm applications to life.
Over the last fifty years, R. Voll showed that human body could be seen as an electrical system with the electric circuitry not in the Chinese meridians scheme based on a qualitative Yin Yang law, but following a quantitative Ohm’s Law and that coherent and incoherent quantum interactions rule on the bioelectrical status (connected with performance status and phisiopatological processes).
In a nutshell, the appearance of electric voltage on the skin suggested that an electromagnetic (e.m.) and a quantum mechanism could underlie the so call pseudo-allergies to drug: since these symptoms were the effects of drug, the intriguing possibility arises that the molecules of drugs could involve a quantum and e.m. action apart from the well know chemical action.
Hence, the paradigm: It’s the dose that make the drug, may not be universal.
General measure on meridians (work carried out by Valenzi, Gorgo, Ragulskaja and others) highlighted in subjects with meteoropathies and various pathologies, that the electrical resistance increased in physical electric circuits with a medium of about 43 scale unites of SEP corresponding to 130,000 Ω. “Normal” level of resistance in human body measured with the EAV (Electric acupuncture of Voll) is 95.000 Ohm =50 us After the administration of a coherent therapy, we saw a decrease in the resistance in a medium at 39,000 Ω (70 us), with an improvement of bioelectric performance due to an increase of physical electric currents, in accordance with Ohm’s law, I= V/R.
Power in the biological system, measurable with dynamometer (0-100 Kg) with muscular test, vary withW=V×I, with functional correlations (performance status, immunological status, muscle power, pain, inflammation, allergy, dyspnea, etc.).
It is well known from the work of Bohm-Aharonov, Josephson, Putof, Preparata, Trukan, and others, that the electro conductive phenomena could be influenced not only from B and E (the electric and magnetic fields) but also from A (the vector potential).
This effect seems play a real role in our understanding of the critical problem of side effects of drug (more than 100000 Americans die every year Lazarou et al. JAMA 1998; 279:1200–1205). It open a new way towards pharmacoelectrodynamics for a tailor made or coherent therapy with drug, nutriceuticals, spa, etc. that could improve the risk/benefit ratio in medical treatments and power of drug against diseases.Of course many research could be developed in fundamental areas of anatomy, physiology, ,neuroscience, quantum chemistry etc. in a very easy and intriguing approach to global human system that could be tested on critical areas where Health and Power of people is essential to win in the various field of competitions. 15 years of medical practise and fundamental research teach us that we can improve, here and now, the great and wonderfull power of drug therapy, reducing near zero side effects. Now this results must be IN PRACTISE with instruction on people that need fast treatment of common disorder as allergy, pain, gastritis, stress ecc.).

References

Vincenzo I. Valenzi, Maria Luisa Roseghini: From Drug intolerance to a SEP (Skin electric Parameters) driven therapy. Some preliminar observation. Rivista di Biologia/Biology Forum 93 (2000) pp. 306-312.
V. I Valenzi, B. Messina: Procedings meeting on: The role of quantum electro dinamycs in medicine. Rivista di Biologia/Biology Forum 93 (2000) pp. 267-312.
Vincenzo I. Valenzi: I Farmaci, da oggi, possono essere usati su misura. Il Nuovo Medico d’Italia On Line. www.numedi.it
A. Pisani V. I. Valenzi, M.C. Lucchetta, M. Grassi, A. Serio P. Avino, M. Russo, A. Fraioli SEP variations on subjects with chronic constipation in idropinic treatment.VII Intern. Conference “COSMOS AND BIOSPHERE“:1-6/X 2007Sudak Crimea
V.I. Valenzi, G. Belisario, M.C. Lucchetta G. Andreoni, A. Pisani, A. Serio, G. Mennuni, G.E. Gigante, M.V. Russo, P. Avino A. Fraioli:Management of the neurovegetative dystonias in microgravity: first results of the “look and see” involving mineral water International Crimean Conference “Cosmos and Biosphere” (Sudak, Crimea, Ukraine, October 1-6, 2007.
Allan Widom, Yogi Srivastava, Vincenzo Valenzi: The Biophysical Basis of Water Memory.
International Journal of Quantum Chemistry (Wiley and Sons), Published on line
May 19, 2009[DOI: 22140]
Flavio Fontana, Mikhail Zhadin, Vincenzo I. Valenzi: The possible role of stacastic resonance in the explanation of Benveniste-Like effects. Proceedings of Int. Conference on new technology of r medicine Yalta-Gourzuf 8-10 June 2009 Open education.
Vincenzo I. Valenzi, Alba Pisani, Pasquale Avino and Aldo Calandri
On pharmacoelectrodynamics: from drug intolerance to a sep (skin electric parameters) driven therapy, Biologically Active Substances: Fundamental and Applied Problems” (BAS 2011) Novy Svet Crimea (UA) 22-28 May 2011.

Reviewer Guidelines

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Purpose of a Fair-Peer-Review

An innovative and transparent peer-review system will be adopted, which aims to encourage the free flow of scientific ideas, and which we called «fair-peer-reviewed». Articles, in fact, after being received by the Editorial Board of EJ, will be evaluated by the journal’s editor and published online, in a dedicated section of vglobale.it, for 30 days. During this time, topic experts, with public identity (they will indicate their name while reviewing) and specify their own research expertise and affiliation (a kind of public peer review), can send their comments and suggestions on the basis of what is reported in the scientific papers (methodology, results, lan-guage, etc.). After the deadline of 30 days, the articles will be sent back in the hands of the Editorial Board of EJ which will assess the validity of the comments and sug-gestions of the public-reviewers, and, prior to publication in the next online and PDF number of VG-EJ (which will receive a

Digital Object Identifier, DOI), may:
a) decide to directly accept the article without further changes by the authors, if the comments of the public-reviewers are positive;
b) ask the articles’s authors to make changes based on the suggestions of the public-reviewers;
c) choose to do not publish the article if the comments of the public-reviewers show relevant problems in the methodology or in the exposition of the scientific work.
If, after 30 days, comments from public-reviewers are lacking or insufficient for the evaluation of the article, the paper will be sent to an external referee (with a direct request) by the Editorial Board, who will review the paper. On the base of these comments the Editorial Board will decide if the paper can be considered or not to be published, but only after having received the response to the referee comments by the authors.
At the end of this process of fair-peer-review the scientific papers will be published in the next issue of «Villaggio Globale» Trimestrale, in the section «Economology Journal», will receive a DOI, will be indexed in scientific databases and can be cited in the following form: «Author name, Article title, “Economology Journal”, in “Villaggio Globale” Trimestrale, Number (Issue), Pages, Year – doi: xxx-xxx-xxxx».
Be aware when you submit your review that any recommendations you make will contribute to the final decision made by the editor.

You will be asked to evaluate the article on a number of criteria:

-Originality
Is the article sufficiently novel and interesting to warrant publication? Does it add to the canon of knowledge? Does the article adhere to the journal’s standards? Is the research question an important one? In order to determine its originality and appropriateness for the journal it might be helpful to think of the research in terms of what percentile it is in? Is it in the top 25% of papers in this field? You might wish to do a quick literature search using tools such as Scopus to see if there are any reviews of the area. If the research been covered previously, pass on references of those works to the editor.

-Structure
Is the article clearly laid out? Are all the key elements present: abstract, introduction, methodology, results, conclusions? Consider each element in turn:
– Title: Does it clearly describe the article?
– Abstract: Does it reflect the content of the article?
Where graphical abstracts and/or highlights are included, please check the content and if possible make suggestions for improvements. Follow these links for more information
– Introduction: Does it describe what the author hoped to achieve accurately, and clearly state the problem being investigated? Normally, the introduction is one to two paragraphs long. It should summarize relevant research to provide context, and explain what findings of others, if any, are being challenged or extended. It should describe the experiment, hypothesis (es); general experimental design or method
– Methodology: Does the author accurately explain how the data was collected? Is the design suitable for answering the question posed? Is there sufficient information present for you to replicate the research? Does the article identify the procedures followed? Are these ordered in a meaningful way? If the methods are new, are they explained in detail? Was the sampling appropriate? Have the equipment and materials been adequately described? Does the article make it clear what type of data was recorded; has the author been precise in describing measurements?
– Results: This is where the author/s should explain in words what he/she discovered in the research. It should be clearly laid out and in a logical sequence. Youwill need to consider if the appropriate analysis been conducted. Are the statistics correct? If you are not comfortable with statistics, advise the editor when you submit your report. Interpretation of results should not be included in this section.
– Conclusion/Discussion: Are the claims in this section supported by the results, do they seem reasonable? Have the authors indicated how the results relate to expectations and to earlier research? Does the article support or contradict previous theories? Does the conclusion explain how the research has moved the body of scientific knowledge forward?
– Language: If an article is poorly written due to grammatical errors, while it may make it more difficult to understand the science, you do not need to correct the English. You may wish to bring it to the attention of the editor, however.

Finally, on balance, when considering the whole article, do the figures and tables inform the reader, are they an important part of the story? Do the figures describe the data accurately? Are they consistent, e.g. bars in charts are the same width, the scales on the axis are logical.

-Previous Research
If the article builds upon previous research does it reference that work appropriately? Are there any important works that have been omitted? Are the references accurate?

-Ethical Issues
◦Plagiarism: If you suspect that an article is a substantial copy of another work, let the editor know, citing the previous work in as much detail as possible.
◦Fraud: It is very difficult to detect the determined fraudster, but if you suspect the results in an article to be untrue, discuss it with the editor
◦Other ethical concerns: If the research is medical in nature, has confidentiality been maintained? If there has been violation of accepted norms of ethical treatment of animal or human subjects these should also be identified Back to top.

Authors guidelines

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Types of paper

The following contributions will be accepted:
– Original research papers and case-studies
– Review articles
– Special themes issues
– Short notes and comments
– Viewpoint articles
– Letters to the Editor
– Book Reviews

Conflict of interest

All authors are requested to disclose any actual or potential conflict of interest including any financial, personal or other relationships with other people or organizations within three years of beginning the submitted work that could inappropriately influence, or be perceived to influence, their work.

Submission declaration and verification

Submission of an article implies that the work described has not been published previously (except in the form of an abstract or as part of a published lecture or academic thesis), that its publication is approved by all authors and tacitly or explicitly by the responsible authorities where the work was carried out, and that, if accepted, it will not be published elsewhere in the same form, in English or in any other language, including electronically without the written consent of the copyright-holder. The submitted article can be under consideration for publication elsewhere, but if accepted by EJ it cannot be republished elsewhere

Changes to authorship

This policy concerns the addition, deletion, or rearrangement of author names in the authorship of accepted manuscripts:

Before the accepted manuscript is published in an online issue: Requests to add or remove an author, or to rearrange the author names, must be sent to the Journal Editor from the corresponding author of the accepted manuscript and must include: (a) the reason the name should be added or removed, or the author names rearranged and (b) written confirmation (e-mail, fax, letter) from all authors that they agree with the addition, removal or rearrangement. In the case of addition or removal of authors, this includes confirmation from the author being added or removed. Requests that are not sent by the corresponding author will be forwarded by the Journal Manager to the corresponding author, who must follow the procedure as described above.
After the accepted manuscript is published in an online issue: Any requests to add, delete, or rearrange author names in an article published in an online issue will follow the same policies as noted above and result in a corrigendum.

Language and language services

Please write your text in good English (American or British usage is accepted, but not a mixture of these). Even if we encourage to submit in English, authors who require can submit papers written in Italian. Our Translators Team can translate them in English for publication in the journal. A fee can be asked for this service.

Submission

Submission to this journal has a cost of € 50 per paper, which the author will pay only if the article is accepted for publication. The article will be published online for a public-peer-review process of 30 days.
Please submit only in Word (.doc) or other text formats (.txt). Do not submit papers in PDF, please!
All correspondence, including notification of the Editor’s decision and requests for revision, takes place by e-mail to editor.ej@vglobale.it

Note:
Please consider that «Economology Journal»’s Editorial Board believes in the freedom of knowledge and our editorial policy does not allow us to reject any manuscript only because it is away from the common scientific credo. Our public-peer-review system aims to improve authors’ ideas and not to judge them. Even if a manuscript does not match with current belief we will consider it for publication. We will reject a paper and send it back to the author only if after the public-peer-review it shows some methodological mistakes or unclear passages.

Referees

All referees can comment the papers for 30 days since they are online. After the deadline of 30 days, the articles will be sent back in the hands of the Editorial Board of EJ which will assess the validity of the comments and suggestions of the public-reviewers, and, prior to publication in the next online and PDF number of VG-EJ (which will receive a Digital Object Identifier, DOI), may:
a) decide to directly accept the article without further changes by the authors, if the comments of the public-reviewers are positive;
b) ask the articles’s authors to make changes based on the suggestions of the public-reviewers;
c) choose to do not publish the article if the comments of the public-reviewers show relevant problems in the methodology or in the exposition of the scientific work.
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At the end of this process of fair-peer-review the scientific papers will be published in the next issue of «Villaggio Globale» Trimestrale, in the section «Economology Journal», will receive a DOI, will be indexed in scientific databases and can be cited in the following form: «Author name, Article title, “Economology Journal”, in “Villaggio Globale” Trimestrale, Number (Issue), Pages, Year – doi: xxx-xxx-xxxx».

Preparation of the articles

Use of wordprocessing software

It is important that the file be saved in the native format of the word processor used. The text should be in single-column format. Keep the layout of the text as simple as possible. Most formatting codes will be removed and replaced on processing the article. In particular, do not use the word processor’s options to justify text or to hyphenate words. However, do use bold face, italics, subscripts, superscripts etc. When preparing tables, if you are using a table grid, use only one grid for each individual table and not a grid for each row. If no grid is used, use tabs, not spaces, to align columns. The electronic text should be prepared in a way very similar to that of conventional manuscripts. Note that source files of figures, tables and text graphics will be required whether or not you embed your figures in the text. See also the section on Electronic illustrations.
To avoid unnecessary errors you are strongly advised to use the “spell-check” and “grammar-check” functions of your word processor.

Article structure

Subdivision – numbered sections
Divide your article into clearly defined sections. Subsections could be numbered 1.1 (then 1.1.1, 1.1.2, …), 1.2, etc. (the abstract is not included in section numbering). Use this numbering also for internal cross-referencing: do not just refer to “the text”. Any subsection may be given a brief heading. Each heading should appear on its own separate line.

Essential title page information

• Title. Concise and informative. Titles are often used in information-retrieval systems. Avoid abbreviations and formulae where possible.
• Author names and affiliations. Where the family name may be ambiguous (e.g., a double name), please indicate this clearly. Present the authors’ affiliation addresses (where the actual work was done) below the names. Indicate all affiliations with a lower-case superscript letter immediately after the author’s name and in front of the appropriate address. Provide the full postal address of each affiliation, including the country name, and, if available, the e-mail address of each author.
• Corresponding author.Clearly indicate who will handle correspondence at all stages of refereeing and publication, also post-publication.Ensure that telephone and fax numbers (with country and area code) are provided in addition to the e-mail address and the complete postal address. Contact details must be kept up to date by the corresponding author.
• Present/permanent address.If an author has moved since the work described in the article was done, or was visiting at the time, a “Present address” (or “Permanent address”) may be indicated as a footnote to that author’s name. The address at which the author actually did the work must be retained as the main, affiliation address. Superscript Arabic numerals are used for such footnotes.

Abstract

The abstract should be no longer than 400 words.

Graphical abstract

A Graphical abstract is optional and should summarize the contents of the article in a concise, pictorial form designed to capture the attention of a wide readership online. Authors must provide images that clearly represent the work described in the article. Graphical abstracts should be submitted as a separate file in the online submission system. Image size: Please provide an image with a minimum of 531 × 1328 pixels (h × w) or proportionally more. Preferred file types: TIFF, EPS, PDF or MS Office files.

Keywords

Immediately after the abstract, provide a maximum of 6 keywords, using English spelling and avoiding general and plural terms and multiple concepts (avoid, for example, «and», «of»). Be sparing with abbreviations: only abbreviations firmly established in the field may be eligible. These keywords will be used for indexing purposes.

Nomenclature

1. Authors and editors are, by general agreement, obliged to accept the rules governing biological nomenclature as laid down in the International Code of Botanical Nomenclature, the International Code of Nomenclature of Bacteria, and the International Code of Zoological Nomenclature. 2. All biotica (crops, plants, insects, birds, mammals, etc.) should be identified by their scientific names when the English term is first used, with the exception of common domestic animals. 3. All biocides and other organic compounds must be identified by their Geneva names when first used in the text. 4. For chemical nomenclature, the conventions of the International Union of Pure and Applied Chemistry and the official recommendations of the IUPAC-IUB Combined Commission on Biochemical Nomenclature should be followed.

Math formulae

Present simple formulae in the line of normal text where possible and use the solidus (/) instead of a horizontal line for small fractional terms, e.g., X/Y. In principle, variables are to be presented in italics. Powers of e are often more conveniently denoted by exp. Number consecutively any equations that have to be displayed separately from the text (if referred to explicitly in the text).

Footnotes

Footnotes should be used sparingly. Number them consecutively throughout the article, using superscript Arabic numbers. Many word processors build footnotes into the text, and this feature may be used. Should this not be the case, indicate the position of footnotes in the text and present the footnotes themselves separately at the end of the article. Do not include footnotes in the Reference list.
Table footnotes
Indicate each footnote in a table with a superscript lowercase letter.

Artwork
Electronic artwork

General points
– Make sure you use uniform lettering and sizing of your original artwork.
– Save text in illustrations as «graphics» or enclose the font.
– Only use the following fonts in your illustrations: Arial, Courier, Times, Symbol.
– Number the illustrations according to their sequence in the text.
– Use a logical naming convention for your artwork files.
– Provide captions to illustrations separately.
– Produce images near to the desired size of the printed version.
– Submit each figure as a separate file.

Formats

Regardless of the application used, when your electronic artwork is finalised, please «save as» or convert the images to one of the following formats (note the resolution requirements for line drawings, halftones, and line/halftone combinations given below):
– JPG or GIF, preferably
– EPS: Vector drawings. Embed the font or save the text as “graphics”.
– TIFF: color or grayscale photographs (halftones): always use a minimum of 300 dpi.
– TIFF: Bitmapped line drawings: use a minimum of 1000 dpi.
– TIFF: Combinations bitmapped line/half-tone (color or grayscale): a minimum of 500 dpi is required.
– DOC, XLS or PPT: If your electronic artwork is created in any of these Microsoft Office applications please supply «as is».

Please do not:

– Supply files that are too low in resolution;
– Submit graphics that are disproportionately large for the content.

Colour artwork

Please make sure that artwork files are in an acceptable format (JPG, GIF,TIFF, EPS or MS Office files) and with the correct resolution. If, together with your accepted article, you submit usable color figures then we will ensure, at no additional charge, that these figures will appear in color on the Web.

Tables

Number tables consecutively in accordance with their appearance in the text. Place footnotes to tables below the table body and indicate them with superscript lowercase letters. Avoid vertical rules. Be sparing in the use of tables and ensure that the data presented in tables do not duplicate results described elsewhere in the article.

References
Citation in text

There is not a minimum of references needed to publish a paper on «Economology Journal».
Please ensure that every reference cited in the text is also present in the reference list (and vice versa). Any references cited in the abstract must be given in full. Unpublished results and personal communications are not recommended in the reference list, but may be mentioned in the text. If these references are included in the reference list they should follow the standard reference style of the journal and should include a substitution of the publication date with either “Unpublished results” or “Personal communication” Citation of a reference as “in press” implies that the item has been accepted for publication.

Web references

As a minimum, the full URL should be given and the date when the reference was last accessed. Any further information, if known (DOI, author names, dates, reference to a source publication, etc.), should also be given. Web references can be listed separately (e.g., after the reference list) under a different heading if desired, or can be included in the reference list.

References in a special issue

Please ensure that the words ‘this issue’ are added to any references in the list (and any citations in the text) to other articles in the same Special Issue.

Reference style

Text: All citations in the text should refer to:
– Single author: the author’s name (without initials, unless there is ambiguity) and the year of publication;
– Two authors: both authors’ names and the year of publication;
– Three or more authors: first author’s name followed by «et al.» and the year of publication.
Citations may be made directly (or parenthetically). Groups of references should be listed first alphabetically, then chronologically.
Examples: «as demonstrated (Allan, 1996a, 1996b, 1999; Allan and Jones, 1995). Kramer et al. (2000) have recently shown ….».
List: References should be arranged first alphabetically and then further sorted chronologically if necessary. More than one reference from the same author(s) in the same year must be identified by the letters «a», «b», «c» etc., placed after the year of publication.

Examples:
Reference to a journal publication:
Van der Geer, J., Hanraads, J.A.J., Lupton, R.A., 2000. The art of writing a scientific article. J. Sci. Commun. 163, 51–59.
Reference to a book:
Strunk Jr., W., White, E.B., 1979. The Elements of Style, third ed. Macmillan, New York.
Reference to a chapter in an edited book:
Mettam, G.R., Adams, L.B., 1999. How to prepare an electronic version of your article, in: Jones, B.S., Smith , R.Z. (Eds.), Introduction to the Electronic Age. E-Publishing Inc., New York, pp. 281–304.

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Aim and Scope

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«Economology Journal» is an international journal, published in collaboration with «Villaggio Globale» Trimestrale, dedicated to the publication of high quality, peer-reviewed articles on all aspects of ecology, environmental economy, linkages between economy and ecology, philosophy of nature and special issues on topics of current interest. The aim of the journal is to provide an interdisciplinary approach to the study of ecology and economy. This journal encourages submission of papers (in English) that integrate natural and economic processes, new economic and ecological theories and significant philosophical environmental ideas.

«Economology Journal» publish research into the following areas:
– Complex ecosystems evolution in ecological and economic scale
– Ecological analyses in an economic contexts
– Biological diversity and ecosystem services
– Economic analyses in an ecological contexts
– Combined approaches to Economy and Ecology
– Human Development and Environment
– Studies towards an economology of complex systems
– Complex systems approaches for the study of ecology and economy of human-environment interactions
– Theoretical ecology and economy
– Wildlife and protected areas ecology and economy
– Ecosystems development and their economy
– New tools and methods for studying economology

Editorial Board

Tempo di lettura: < 1 minuto

Editor-in-Chief: Roberto Cazzolla Gatti, Ph.D.

Associate professor at Biological Diversity and Ecology Laboratory
Bio-Clim-Land Centre of Excellence, Biological Institute
Tomsk State University, Russia
Doctorate in Ecology (Tropical rainforest ecology), MSc in Environmental and Evolutionary Biologist, Expert in Biodiversity study, Theoretical Ecology and Bioethics, Postgraduate Advanced Master’s Degree in Global Environmental Protection and International Policies (GEP), School of specialization in Biodiversity and Ecosystem Services (PIK-Potsdam, Germany), Former Environmental scientist of the Food and Agriculture Organization of the United Nation (FAO-UN), Rome, Italy

Associate Editors

Nicoletta Lucia – Environmental Economist, Postgraduate Advanced Master in Global Environmental Protection and International Policies, CNR-Ibimet, Siena, Italy
Marinella Davide – International Political Scientist, FEEM-Center Euro-Mediterranean for Climate Change (CMCC), Venice, Italy
Elias Mele – Expert in the Emission Trading Systems and International Climate Change Policy, University of Siena, Italy (based in Hong Kong)
Tommaso Franci – Environmental philosopher, Siena, Italy

Editorial Advisory Board

Martin Wildenberg – Integrated & participatory modeling, sustainable agriculture & indicators, Umweltforschungsinstitut (UFI), GLOBAL 2000, Neustiftgasse 36 1070, Wien
Katalin Petz – Environmental Scientist and Ph.D. researcher in Ecosystem Services, Wageningen University, The Netherlands
Aidan Keith – Soil ecologist and land-use scientist, Centre for Ecology & Hydrology, UK
Vineet Soni -Ph.D., Post Doc (Switzerland), FBS Member: IUCN Species Survival Commission and WCPA, Founder of Save Guggul Movement, Deaprtment of Botany, University College of Science, Mohanlal Sukhadia University, Udaipur, India
Alessandro Martelli – Geologist, President of Glis Association and of the International Seismic Safety Organization (ISSO); member ofCollegio dei Docenti del Dottorato di Ricerca in «Ingegneria Civile, Ambiente e Territorio, Edile e in Chimica» del Politecnico di Bari

Speranze o vere prospettive?

Tempo di lettura: 4 minuti

Oggi possiamo sperare in qualche pur minimo cambiamento anche se può essere solo effetto della paura di una distruzione imminente anche dell’economia del libero mercato dei consumi. In effetti, sembra essere presente più la preoccupazione di non riuscire a porre rimedi alle condizioni critiche dell’esistente, che la consapevole responsabilità di dover affrontare la sfida epocale per una nuova economia. Sembra, però, aver acquisito un proprio valore, almeno nella condivisione, a livello globale, della necessità di contenere l’innalzamento della temperatura del pianeta (almeno entro due gradi fino al 2100, rispetto alla temperatura del 1850, prima dell’inizio dell’Era industriale).

Questo, però, non è ancora un modo concreto ed efficace per affrontare, oggi, il problema climatico che ha le sue radici nel modello economico della crescita del mercato libero dei consumi. Il problema degli equilibri vitali, messi in crisi dalle pesanti ricadute delle attività antropiche sull’ambiente, non può essere ridotto al solo controllo dei sintomi: in questo caso l’aumento della temperatura non è il fenomeno sul quale intervenire (per esempio, con improbabili misure di raffreddamento dell’aria o di deviazione dei raggi solari dai percorsi che la attraversano e che raggiungono il suolo).
È necessario, cioè, intervenire sulla fonte che attiva i meccanismi dell’effetto serra, è necessario intervenire sulla convinzione che «il fare e il consumare» non sono variabili, sostanzialmente indipendenti, che non incidono sugli equilibri vitali. Dunque, va cambiato, pur se in modo non traumatico, l’attuale modello economico che sostiene questa convinzione (o che comunque la pratica). Non si può immaginare di risolvere la deriva climatica facendo trattenere il respiro (non si sa per quanto tempo) a una struttura produttivo-consumistica che non pensa in modo alternativo, ma nei cambiamenti cerca ciecamente solo di migliorare le proprie posizioni di rendita e sfruttamento dell’esistente.
L’ostacolo al cambiamento dell’economia, risiede, in sostanza, nel fatto che, per l’attuale modello neoliberista, le crisi ambientali non sono considerate momenti per ripensare il ruolo socio-economico dei mercati, ma continuano a essere «provvidenziali» occasioni per stimolare la competizione, occasioni uniche per arrivare primi sulle nuove opportunità offerte dai mercati dei consumi!
Nelle conferenze su questo tema non sono proposti obiettivi di ridimensionamento della produzione e del consumo di massa di beni superflui (che sono causa della deriva climatica), ma c’è solo un impegno per una migliore gestione delle risorse, ancora comunque finalizzate, ai consumi e ai profitti. Sono queste le condizioni, purtroppo, ancora pretese da un sistema che non è disposto a perdere i profitti del libero mercato (sostenuto dalle forti convinzioni ideologiche di un salvifico neoliberismo) e che è disposto solo a cambiare i modi che consentano, comunque, di continuare a sfruttare, nell’immediato e anche con maggior vantaggio, tutto l’esistente. Rimane immutabile la sua convinzione che non vi sono alternative al mercato dei consumi: potranno cambiare solo qualità e tipologia delle merci, la loro distribuzione, ma sempre nella prospettiva di continuare sulla strada dei ritorni economico-finanziari che garantiscano un’indiscutibile crescita dei profitti.
Archiviata, almeno in questo momento, ogni speranza di progresso umano, anche la crescita del benessere materiale non segnerà passi in avanti. Il benessere potrà essere solo quello meccanicamente preordinato dalla compatibilità fra le risorse del bene comune, rimaste ancora disponibili, e la dimensione della platea di chi ha bisogni essenziali da soddisfare per sopravvivere (non è prevista, cioè, né una ridistribuzione, né un uso sostenibile delle ricchezze della Terra).
Le giustificazioni di senso comune, anche qui, mostrano la loro deviata potenza mistificatrice nell’affermare che: chi «più ha meritato» di avere e non è giusto che debba ridimensionare le proprie ricchezze in favore di chi «non ha saputo meritarle». La realtà, dunque, almeno nel breve termine, continuerà a dividersi nei pochi che avranno sempre più potere e ricchezze da una parte e dall’altra tutti gli altri che avranno sempre più difficoltà a soddisfare i bisogni essenziali e che, pur se non gratificati dal benessere di un alienante potere di consumo, non potranno far valere il loro dissenso neanche se volessero ricorrere a una loro disperata scelta, che sarebbe del tutto impotente, di opposizione estrema e violenta.
Qualsiasi forma di violenza si volesse usare, infatti, non solo non avrebbe armi per vincere, ma soprattutto farebbe venir meno quei momenti di riflessione, di condivisione delle diversità, di sintonia con gli equilibri ambientali, di creazione di sinergie che sono elementi unici, fondanti e insostituibili per un cambiamento che non sia solo di potere, ma che dia qualità alle relazioni umane e impegni a trovare il senso delle cose prima di passare a realizzarle.
Verrebbe quasi spontaneo chiederci, di fronte a questi scenari, che cosa ci trattenga, non da una rivoluzione, ma dal dare un consapevole passo diverso al nostro cammino. Un passo che non proceda solo in una direzione diversa, ma che sia momento vitale di un percorso costruttivo (consapevole, iterativo e condiviso) di prove, verifiche, valutazioni, revisioni, e quindi di nuovo di prove, verifiche, ecc. Un percorso così come sentiamo di volerlo seguire scambiando patrimoni di esperienze di vita e di conoscenze, necessari per essere attori responsabili delle scelte e delle decisioni e non per disporci irresponsabilmente a diventare oggetti di prepotenti scelte di altri.
C’è da sviluppare cioè la convenienza umana non nell’inseguire un successo quantizzabile in un merito esclusivo (da vendere col maggior profitto possibile), ma nel progredire in una visione del mondo, in una cultura, che trova risorse e senso nella condivisione delle diversità. Una convenienza che non si può trovare nei prodotti oggetto di un possesso o di un profitto fine a se stessi. Una convenienza da trovare, invece, nella scoperta del senso delle cose e delle relazioni, nel valore umano di un equilibrio che si esprime nella realizzazione, consapevole e responsabile, delle nostre aspirazioni più profonde. Una convenienza fatta di pensieri e di opere umane che sono risorse moltiplicabili e che, se condivise, generano sinergie sia a vantaggio di tutti, senza che nessuno perda qualcosa, sia in sintonia con gli equilibri naturali dei quali siamo parte intelligente.

In questo stato delle cose, che fare e con quali motivazioni

Tempo di lettura: 6 minuti

C’è, oggi, anche chi sostiene, con argomentazioni retoriche (che, nelle mani degli incompetenti e degli imbonitori, diventano malefiche risorse), che i danni all’ambiente sono solo effetti collaterali e trascurabili rispetto allo sviluppo e successo del bene assoluto dell’economia dei consumi (che in realtà è solo fine a se stessa e che è, quindi, estranea a quel progresso che viene, invece, misurato dal miglioramento della qualità e del senso della vita umana). È indispensabile, allora, che l’ambiente ritorni a essere un luogo da curare e una fonte di risorse da gestire, perché possa offrire fertili occasioni di sviluppo della diversità, di riflessione sul senso delle cose e di sintonia con quegli equilibri naturali, nei quali siamo immersi e che sono fonte materiale e immateriale del nostro vivere.

Oggi, fermo restando il diritto alle libere opinioni in merito, è accertato, con dati ormai inconfutabili, che il problema del cambiamento climatico non è l’effetto di un’evoluzione epocale del pianeta Terra, ma è generato dalle attività produttive e dai consumi delle nostre società più avanzate. È un problema ambientale che per la prima volta riguarda pesantemente il presente. Sono in gioco effetti, di un degrado ambientale, che non peseranno solo sulle future generazioni (alle quali è già accertato che lasceremo un pianeta in condizioni peggiori rispetto a quelle nelle quali lo abbiamo ricevuto noi). Stiamo, infatti, rischiando di non riuscire neanche a salvare, le condizioni attuali del nostro pianeta, dagli effetti distruttivi della nostra civiltà dei consumi.
Stiamo andando incontro a catastrofi che ci riguardano in prima persona. Non possiamo, però, rimanere impotenti accettando di assistere con indifferenza al devastante sfruttamento dell’ambiente, non compatibile con gli equilibri che lo rendono vitale. Non possiamo adattarci cinicamente al degrado o immaginare, addirittura, che non si tratti di una disastrosa prospettiva, ma di una nuova e virtuosa colonizzazione del mondo: quella che alcuni sostengono sia la soluzione universale e senza alternative, offerta dall’asservimento dei molti al mercato dei liberi consumi e sostenuta dal motore del profitto.
Un profitto che, senza limiti, va sempre più a vantaggio di quei pochi che, sempre più, privano del necessario (cibo, ma anche accettabili condizioni di vita fisica e sociale) tutti gli altri. Siamo di fronte a un mercato che vorrebbe convincere sulla bontà di un equilibrio, immaginato virtuoso, fra domanda e offerta, ma che, sfruttando le debolezze della condizione umana, preordina, invece, con le mode e il culto della propria immagine, una sprovveduta corsa ai consumi e alla produzione di beni e servizi senza regole. Una corsa, soggetta a interferenze arbitrarie, che porta anche a rischiose scommesse sui risultati e alle relative truffe.
Truffe perfino moralmente giustificate come risarcimento del danno economico prodotto dall’esito rovinoso di sogni impossibili (dei quali però il mondo avrebbe sempre bisogno come unica ed efficace motivazione per andare avanti in uno sviluppo senza senso). Truffe che sono anche legittimate come un modo, comunque libero, per soddisfare un inesauribile ed essenziale affanno patologico di fare più profitti.
Siamo, di fatto, imprigionati in modello meccanico che si presenta come fosse espressione di una lucida volontà superiore contenuta naturalmente nelle cose di questo mondo, ma che brilla solo per l’assenza di creatività, di possibili alternative, di prospettive di qualità per il nostro vivere. Tutta un’assenza di valori umani surrogati da misure formali autoreferenti che danno i numeri su quantità documentate di cose senza senso, che accertano successi e performance di fenomeni economici (quantità delle ricchezze, numero dei mercati conquistati, numero di brevetti, costo dei prodotti, graduatorie di innovazione e di competizione, classificazioni dei leader del mercato, livelli di produzione di beni e servizio, livelli di consumi) tutte cose buone solo per un gioco di valutazioni statistiche. Un modello ripetitivo di eventi che intrattiene sulle probabilità di un esito piuttosto che di un altro.
Il determinismo preordinato di questo modello (c’è sempre una spiegazione, anche se solo a evento avvenuto) è presentato come un rassicurante monolite, sempre formalmente inattaccabile dalle alternative ed esonerato da errori (in quanto legittimato a fare esattamente ciò che fa), e soprattutto come riferimento per il sogno di una buona sorte individuale, di una vincita personale, come unica, pur improbabile, soluzione alla prepotenza del denaro e all’avvilimento del non possederne mai abbastanza. Un’alienazione, dalla realtà del nostro mondo, che ostacola la reciprocità dello scambio non solo di risorse, ma anche di conoscenze ed esperienze sul significato e sulle indicazioni offerte dai segni che possiamo rilevare dai fenomeni naturali e in particolare da quegli equilibri dinamici che rendono le risorse rinnovabili, e sempre disponibili, in una giusta misura, per i nostri bisogni. Un sistema, dunque, nel quale si collabora (e non si compete), che ha come finalità quella di dare futuro all’evoluzione di ogni singolo fenomeno (da quello della vita del più grande ecosistema o di un grande cetaceo, a quello della vita di un singolo filo d’erba o del più piccolo microrganismo).
Dovremmo renderci conto, sulla base dei sostanziali fallimenti delle attuali conferenze sull’ambiente, che l’approccio di tipo economico, con le sue devianti mediazioni fra interessi di parte, non è in grado di rispondere a un’emergenza che rischia di destinarci a una crisi epocale. Al suo epilogo, la privazione di occasioni per comportamenti collaborativi e per decisioni responsabili (imposta dalle sottomissioni e dai ricatti esercitati da un sistema economico-finanziario che doveva, invece, essere fermato perché causa unica e profonda dei disastri di questa nostra epoca), potrà essere interpretata solo come un’implicita strategia omicida (condotta in linea con quella pur nota banalità del male, che è sempre pronta a infierire su masse, pur ingiustificabili, di sprovveduti) e come il suicidio inconsapevole di un alienato gruppo di nostri rappresentanti a livello mondiale.
Una tale prospettiva è disperante e umanamente insopportabile e, forse, è anche l’ultimo allarme che può convincerci a passare dallo sfavillante degrado (nel quale irresponsabilmente abbiamo coltivato la nostra inettitudine verso lo spreco di un’immensa quantità di beni comuni) alla ricerca di altre e sostenibili direzioni, da offrire al nostro futuro, e di un senso umano che qualifichi il nostro esistere.
Le responsabilità sono sempre individuali, e non vengono mai meno, neanche quando le volessimo annullare nelle mitiche anonime responsabilità sociali. Ma le responsabilità individuali, in una società civile, devono, poi, diventare collettive ed esprimersi come risultato di un continuo confronto (critico e consapevole fra le nostre diversità), come processo di rielaborazione, del senso delle cose, per definire e ridefinire, in situazione e responsabilmente, scelte e decisioni. Un processo che si fonda sulla riflessione e non sullo stupido convincimento che esista un’unica verità e, addirittura, un suo carismatico interprete. Un processo che si fonda su Istituzioni che devono essere capaci di dare sostegno alla condivisione delle diversità e alla costruzione delle sinergie che da esse ne derivano. Un processo che garantisca revisioni funzionali alla «tenuta» in tempo reale di obiettivi e finalità, sempre da verificare, e non a un’«ideale» che, di fatto, diventerebbe un’astratta e infertile ricetta.
Un processo che richiede una società culturalmente attrezzata e consapevole delle responsabilità e delle opportunità che è necessario condividere. Un processo che non deve sterilmente cadere nelle trappole dell’assoluto delle proprie verità e di un pregiudizio di inadeguatezza delle proposte alternative. Un processo che non si confonda con quelle competizioni che svalutano le diversità, che livellano verso il basso la qualità delle vocazioni personali, che si oppongono, come fosse un ostacolo, a quel progresso umano che sviluppa, con la qualità del vivere umano, anche il benessere condiviso e spazi fisici vitali per tutti. Un processo che non impone i rischi delle scommesse o le mete di quel successo, solo individuale, che è anticamera del potere e delle tragiche derive del suo esercizio.
Per trovare una direzione ai nostri propositi, possiamo anche riflettere sul fatto che fino a poche decine di anni fa, le esperienze e le consapevolezze, sul senso di una nostra relazione con le cose del mondo, avevano non solo un loro peso operativo ma anche formativo. Oggi, può tornare utile, rivisitare quelle prime esperienze, per comprendere il perché della loro limitata stagione e per provare a ipotizzare alternative al ristagno dell’attuale modello socio-economico.
Si pensava, allora, che l’impostazione critica (che permetteva di trasformare ogni ipotesi in alternative da mettere alla prova in situazione, per continuare, poi, con percorsi iterativi e continui di verifica e di cambiamento), potesse anche consolidarsi nel tempo e diffondersi attraverso la crescita delle consapevolezze e del senso di responsabilità dei singoli individui.
Nella ricerca scientifica, nelle attività, educative e formative che, in quegli anni, hanno caratterizzato lo sviluppo dell’interesse verso le tematiche ambientali (messa da parte qualche intemperanza velleitaria) non c’era modo di imporre riferimenti o monopoli ideologici: non trovavano consenso gli assoluti già pronti e solo da realizzare. Ma, in questa prospettiva, la cultura ambientale non ha avuto, poi, modo di continuare a svilupparsi.
Ha fatto presa, invece, una scelta, socialmente diffusa, puntata solo sui problemi esistenziali quotidiani di ogni singolo individuo. I meccanismi di gratificazione più immediata, attivati poi dai suggestivi consumi alla moda, quelli culturali compresi, hanno completato un’azione che ha cambiato le relazioni sociali e che, ancora oggi, incide profondamente sui modi di pensare e di comportarsi. La potenza del libero mercato dei consumi e l’ideologia liberista hanno invaso, così, non solo gli spazi, ma anche i tempi e i significati del nostro vivere.
Dobbiamo prendere atto che i consumi, a danno dell’ambiente, e le ideologie (che premiano le infertili paralisi imposte al cambiamento, per lucrosi vantaggi di posizione precostituite) sono diventati oggi l’asse portante delle nostre civiltà più avanzate. C’è da interrogarsi, allora, su come tutto ciò possa essere avvenuto nella sostanziale e diffusa indifferenza di una maggioranza (forse solo troppo silenziosa) che si è mostrata impotente di fronte a quegli evidenti effetti distruttivi (sulla qualità dell’ambiente e della vita socio-politico-culturale umana) dei quali è stata, pur sempre, almeno spettatrice.

Speranze o vere prospettive?

Condizioni che alterano gli equilibri naturali

Tempo di lettura: 5 minuti

Non possiamo, dunque, dare per scontata una corretta comprensione (da parte degli attori di queste conferenze) degli allarmi economici e ambientali che pur si presentano, oggi, in tutta la loro evidenza. Sembra continuare a mancare, ancora, una lucida lettura di quanto incidano, sugli equilibri ambientali, le conseguenze del potere assoluto acquisito dall’attuale finanziarizzazione del sistema economico globale. Con il suo dominio, su ogni cosa del nostro mondo, non solo è stata indotta una nostra dipendenza patologica dai consumi compulsivi, ma sono state anche prese in ostaggio le nostre capacità creative, il nostro lavoro, i nostri misurati risparmi, il nostro senso del vivere.

Siamo stati privati, infatti, dell’interesse e del tempo per esplorare relazioni, per strutturare conoscenze, per interrogarci, con verifiche continue sulle nostre consapevolezze e condivise responsabilità sociali. Tutte cose, queste, che non solo non trovano spazio nella produzione, possesso e consumo di cose superflue, ma che, se restano indisponibili, ci rendono impreparati e disarmati ad affrontare un possibile disastro globale.
Oggi, sembra proprio di essere di fronte a un destino da subire perché siamo in un mondo, solo puntato a uno sviluppo tecnologico autoreferente, che ha espropriato l’uomo degli strumenti per entrare in sintonia con i fenomeni complessi degli equilibri naturali. Ci affanniamo inutilmente sulle tecnologie da applicare per porre rimedio ai danni che le stesse tecnologie hanno prodotto. Anche i rimedi (ai danni derivanti dall’incontenibile avidità di un profitto immaginato come una variabile indipendente, priva di qualsiasi vincolo) pretendono di continuare, in questo stato di emergenza, a produrre irriducibili profitti, perché altrimenti «non se ne fa niente», come alcuni fanno, minacciosamente e cinicamente, intendere.
Articoli e trasmissioni radiotelevisive, sorvolando sulle devianti logiche che portano a considerare «dovute» le opportunità di profitto (anche se sono le stesse logiche che hanno creato danni profondi al bene comune Terra), spacciano per buone soluzioni tecnologiche, anche avanzate, ma di dubbia efficacia e spesso causa di ulteriori danni. Eppure, non possiamo sostenere di non accorgerci che queste soluzioni possono superare solo formalmente e momento per momento, le complicazioni (create da un saccheggio e spreco di risorse) e che, invece, è molto improbabile che possano affrontare relazioni essenziali e trovare sinergie necessarie per entrare in sintonia con la complessità degli equilibri naturali e, quindi, anche per affrontare i problemi ambientali a cominciare dalla loro radice.
Dunque, le attività che procurano danni agli equilibri ambientali, non sono solo quelle legate agli interessi forti di chi opera con strumenti e strutture nei settori della trasformazione e uso dei combustibili fossili e di altre materie prime, ma anche di chi produce e vende tecnologie (magari anche solo con propositi fantasiosi, di mitigazione degli impatti e senza vantaggiose innovazioni).
C’è chi vorrebbe inondare l’atmosfera con polvere riflettente per far diminuire la radiazione solare sul sistema Terra. C’è chi vorrebbe tecnologie più avanzate per la prevenzione e per la cura delle malattie da inquinamento (più che dei mali sembra, così, che ci sia chi si preoccupa dei profitti da realizzare con costosi rimedi, da mettere in vendita, e più che del benessere delle persone, sembra che ci sia chi si preoccupa solo di allungare la vita dei consumatori).
C’è chi vorrebbe un piano di appalti più che un progetto di messa in sicurezza del dissesto idrogeologico, c’è chi vorrebbe creare fabbriche non inquinanti nelle cellule di microrganismi Ogm per produrre materiali plastici e carburanti. C’è chi vorrebbe risolvere ogni forma di mobilità trasformando la vita in un’esperienza virtuale; dove però si possa continuare a consumare, a fare profitti e ad alternare connessioni in rete per lavoro, per acquisti e per l’intrattenimento pubblicitario a ciclo continuo. C’è anche chi vorrebbe educare alla «libera» dipendenza dal mercato e dalla rete delle sue cose.
C’è chi minimizza e fa notare che non siamo al punto di ebollizione e, dunque, che possiamo continuare ad andare avanti ancora per un bel po’. C’è chi (ricordando l’avvicendarsi delle variazioni climatiche nelle diverse Ere geologiche), nega che l’innalzamento della temperatura stia avvenendo ad opera dell’uomo, mostrando, così, di essere anche incapace di spiegare perché la temperatura cresce a ritmi maggiori proprio in corrispondenza delle zone a più elevato consumo di risorse (gli aumenti di temperatura sono particolarmente evidenti nel nord America, in Asia e in Europa, ma non in Africa e sud America).
C’è chi, aspirando a uno sviluppo da «grande della Terra», ritiene doveroso offrire un proprio significativo contributo al degrado globale. C’è una coscienza civile e politica che preme e chiede alternative, ma c’è subito l’economia dei liberi mercati che (forse senza neanche rendersi conto di accusarsi implicitamente di aver dato, finora, sostegno a una black economy) ha colto al volo l’opportunità di mettersi in linea e fare profitti, anche con le attese di alternative, cavalcando e forse inventando un proprio concetto di green economy sostenibile. Alternative decise, forse, anche per non rischiare un cambiamento, non in linea con il libero mercato, che avrebbe potuto mettere in crisi il libero profitto.
Ci sono, poi, anche simpatici ottimisti che vorrebbero rassicurarci con alcune loro tremende prospettive. Quelle per esempio di un uomo che, in realtà, non sta distruggendo il pianeta, ma sta creando (immaginando di poter generare eventi epocali) le condizioni per una nuova e più gloriosa Era. Si fa riferimento al passaggio dall’Olocene a un ipotetico Antropocene, frutto delle potenti modifiche, del clima e dell’ambiente, causate dalle attività antropiche, a partire dalla prima rivoluzione industriale (Antropocene è una definizione usata, in particolare dal premio Nobel P.J. Crutzen in una pubblicazione nella quale, però, richiama le responsabilità umane connesse alla creazione e gestione di questa eventuale nuova Era).
Le attese entusiastiche per questa nuova Era sono ispirate da un’idea di sviluppo che dovrebbe generare un nuovo mondo e portare a un nuovo, efficiente e rassicurante ordine delle cose. Si immagina che tutto questo possa avvenire ad opera dell’uomo e che permetta di esprimere con più potenza la sua capacità di condizionare, a proprio favore, gli equilibri naturali con l’uso di tecnologie sempre più avanzate. Ma il nostro mondo non è una semplice scacchiera sul cui piano è sufficiente spostare le pedine in modo lineare per ottenere un cambiamento e tantomeno per renderlo virtuoso.
In realtà, la complessità degli equilibri naturali, non solo non è riducibile, ai livelli delle nostre capacità di comprenderla e di gestirla, ma anche il solo suo scenario non può essere semplificato: sono necessari, infatti, ben altri supporti già solo per sostenere un suo maggior numero di dimensioni e una sua maggiore articolazione geometrica.
Sulle dinamiche degli equilibri naturali, c’è il rischio di continuare a fare alienanti scommesse e giochi pericolosi come è dimostrato, già oggi, dall’impotenza dell’uomo nel cercare, anche solo, rimedi agli effetti del cambiamento. I partecipanti alla Cop21 erano senz’altro motivati a promuovere almeno rimedi. Tutti si sentivano sicuramente coinvolti, in questa direzione, dalle allarmanti responsabilità di tenere sotto controllo le attività che contribuiscono all’aumento della temperatura del nostro pianeta. Ma la popolazione civile, più attenta e consapevole, dopo estenuanti attese e delusioni, potrebbe, ora, essere vinta dalla disperazione del nulla di fatto e accettare ciò che avviene come un destino.
Il problema è, allora, da considerare anche nella prospettiva che, se si dovesse confermare nel tempo la deriva dell’impotenza degli accordi (e non solo sul clima) e se la popolazione dovesse essere messa di fronte ad una continua attesa tradita di rimedi, potrebbe venir meno non solo la sua partecipazione, ma anche, nel momento delle decisioni, l’impegno dei responsabili non più incalzati da un’opinione pubblica critica.
Una prospettiva che offrirebbe un buon alibi per poter ancora rimandare le soluzioni concrete. Infatti, nei tempi brevi (se le scadenze dei rimedi sono lontane) tutti possono limitarsi ai soli e tradizionali buoni propositi che lasciano il tempo che trovano. Un rischio, questo, che si può, invece, evitare rispettando le scadenze delle verifiche e delle eventuali revisioni a breve termine e dei risultati intermedi previsti dalle misure di contenimento dell’aumento della temperatura del pianeta.
Sui miracoli umani non c’è da fare affidamento e dunque oggi, di fatto, se non interveniamo con misure efficaci, realizzate in tempi ordinari, finiremo con il rimandare gli interventi e con il procedere sempre più velocemente verso un punto di non ritorno. Anche se si è capito quanto sia fondamentale mettersi d’accordo sulle strategie, se viene meno il senso di ciò che, poi, concretamente si deve decidere di fare, alla fine, ciecamente, prevarranno gli interessi economici del mercato dei consumi. In questo caso è come se (in riferimento a quell’esperienza formativa precedentemente riportata) tutti lasciassero la presa di quella corda (cioè di quei vincoli essenziali per mantenere l’equilibrio), lasciando così che tutto il sistema vada verso il collasso finale.

In questo stato delle cose, che fare e con quali motivazioni

La percezione dei fenomeni

Tempo di lettura: < 1 minuto

La crisi climatica è efficacemente descritta, da alcuni, come un disastro al rallentatore. I cambiamenti avvengono così lentamente che non riusciamo a percepirli, anche se la loro evoluzione, nel caso del clima, procede verso i limiti di una catastrofe. C’è ora il rischio che questa situazione, quando apparirà nel pieno della sua gravità, possa trasformarsi in un allarme improvvisamente rilevato da quell’immenso numero di individui che hanno sempre confidato nella capacità della Natura e della tecnologia di rimettere le cose al loro posto.

In questa situazione, oltre a cercare rimedi per evitare la catastrofe annunciata, sarà necessario, anche, provvedere a non creare paure, che possono degenerare in un incontrollabile panico. Di fronte a questo rischio, è urgente, quindi, attivare, nell’immediato, interventi efficaci, per contenere, in tempo, le cause di questa possibile catastrofe e non limitarsi a decidere solo ulteriori conferenze per manifestare la buona volontà di attenuare solo gli effetti.

Condizioni che alterano gli equilibri naturali

Alla ricerca di un equilibrio con soluzioni condivise

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Questa analogia, pur se non può essere perfettamente applicata ai partecipanti ai vertici internazionali sui problemi globali del pianeta (in particolare alla Cop21 sul cambiamento climatico del dicembre 2015), può, tuttavia, permettere di rilevare alcune corrispondenze. Anche in questo caso, tutti i partecipanti avevano, senz’altro, piena consapevolezza dell’esistenza di un equilibrio sulla Terra che dà tenuta alla sua vitalità, ma non sembra, poi, che dalle connessioni fra le loro consapevolezze, tutti ne abbiano tratto il senso per passare alle dovute scelte operative. A questi stessi sembra, infatti, essere sfuggite le consapevolezze critiche sulle conseguenze dell’aver sottratto il proprio contributo (che, nei passaggi decisionali della Cop21, non era certamente trascurabile) alla responsabilità di arrivare a porre rimedio alla deriva ambientale, in atto, a causa del cambiamento climatico.

Sembra che i partecipanti a questa conferenza non abbiano dato rilevanza ai pur evidenti e diffusi allarmi creati dal cambiamento climatico nelle varie regioni del mondo. Anche se gli argomenti erano ben noti, i responsabili, invece di impegnarsi senza indugi a definire e attuare interventi concreti per porre rimedi immediati, almeno agli effetti prodotti da un percorso verso una possibile catastrofe, sembravano quasi remare distrattamente contro, per il prevalere del loro interesse a difendere qualche, pur comprensibile, vantaggio esclusivo (economico o di potere sociale, politico, culturale).
Lo sviluppo economico, la competizione, i mercati dei consumi e dei profitti sono, oggi, il risultato di decisioni caratterizzate da una generale e diffusa mancanza di senso e sembrano alienare ogni responsabilità e paralizzare, i decisori delle scelte. Al centro dei confronti, nel corso della Cop21, sembra abbiano prevalso convenienze e mediazioni commerciali, produttive e finanziarie, che non avevano certo, come finalità e obiettivi, la sopravvivenza della specie umana e, tantomeno, quella degli equilibri naturali che pur erano al centro delle questioni prese in esame in quegli incontri.

La percezione dei fenomeni

Osservare le cose non è interpretarne il senso

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La semplificazione delle procedure per fare le cose e il riduzionismo concettuale applicato all’interpretazione della realtà, hanno ormai messo radici profonde nei significati delle nostre relazioni, sia quelle con i nostri simili, sia quelle con la Natura (la cui complessità, invece, permetterebbe, se affrontata, di riflettere in essa la nostra identità, il nostro vissuto e le nostre ricerche, senza dover pagare un pacchetto turistico solo per toccare con mano le forme, rimaste senza senso, di paesaggi esclusivi).

Nelle prime esperienze di educazione ambientale, per i giovani delle scuole, e di formazione professionale o culturale, per gli adulti, si simulavano situazioni che, per analogia, offrivano momenti di riflessione sull’ambiente naturale e di riconoscimento della complessità come condizione essenziale per la tenuta dei suoi equilibri vitali.
I partecipanti a quelle esperienze erano invitati, per esempio, a sperimentare l’equilibrio che si crea quando ognuno si trovava a occupare una propria posizione, dopo aver formato un cerchio e aver messo in tensione una corda, srotolata e lasciata libera di scivolare, passando più volte e in direzioni diverse, fra le mani di tutti i partecipanti, senza seguire un ordine.
Il sistema di vincoli mobili che si veniva a creare, nella sua pur limitata complessità, tratteneva ognuno in equilibrio nella sua posizione. Anche in presenza di movimenti casuali dei singoli, si poteva verificare come il sistema, con opportuni aggiustamenti spontanei, continuasse a resistere senza collassare. Dunque, veniva presentato un esempio di sistema dinamico in equilibrio. Se, però, uno dei partecipanti, invitato a lasciare la presa della corda, si liberava da quei vincoli, tutto l’equilibrio di quel sistema veniva meno, con conseguenti sbandamenti da parte degli altri partecipanti e comunque con la distruzione della stabilità dinamica del sistema precedentemente messo in tensione. Molti, così, verificavano, in situazione, l’esistenza di un sistema fisico nel quale, la complessità assicurava un equilibrio dinamico, ma anche l’esistenza di una condizione nella quale un solo elemento, poteva annullare la tenuta di tutto un sistema di relazioni che pur aveva dato prova di una continua e affidabile resistenza.
In queste esperienze, non erano, però, molti quelli che, contemporaneamente, ne comprendevano anche il senso: la rottura dell’equilibrio, a seguito del venir meno anche di un solo elemento, avrebbe dovuto far prendere coscienza degli effetti, che di conseguenza possono alterare, nel caso dell’ambiente naturale, il suo equilibrio dinamico fino al collasso. La comprensione immediata del senso dell’analogia, non appariva scontata per molti dei partecipanti.

Alla ricerca di un equilibrio con soluzioni condivise

Il saper fare e il senso delle cose che si sanno fare

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In questo, formale e preoccupante procedere delle cose, caratteristico della nostra civiltà moderna, non c’è nulla di umano che abbia avuto modo di svilupparsi diffusamente come valore condiviso e non solo come opportunità di profitto, nulla che sia interpretabile come espressione di un continuo progredire nella realizzazione delle nostre aspirazioni più profonde, come condizione per migliori relazioni con i nostri intorni, come migliore qualità di vita. In queste condizioni, non possiamo, certo, cogliere le opportunità per intelligenti sinergie (capaci di produrre benessere diffuso e consapevole, più di quanto ne avrebbe potuto pur procurare la sola somma aritmetica delle risorse messe in gioco). Nella corsa a brevettare applicazioni di dubbia utilità, per ogni cosa, ci sfuggono, sia le esplorazioni fondamentali per scegliere e condividere le opportunità vitali offerte dai diversi contesti, sia le ricerche creative sul senso dei nuovi saperi e delle nuove conoscenze sugli equilibri chimico-bio-fisici della Natura e mentali dell’uomo.

Il bene comune, che la Natura mette a disposizione di tutti, ci appare quasi destinato a diventare «cose» da vendere e da comprare senza senso e anche a caro prezzo. Abbiamo costruito un mondo nel quale, di fatto, è anche impossibile donare senza immaginare un possibile contraccambio, implicito o esplicito che sia.
Si comprano e si consumano anche sentimenti e compassioni in spettacoli (finalizzati a rendere in termini di profitti), si seguono le mode esclusive o seriali da applicare per la vendita di una nostra più conveniente immagine, si vendono e si comprano beneficenze da detrarre dalle tasse, mentre la solidarietà sociale, diversamente dal profitto individuale, è gestita dalle elemosine concesse dalle spending review. I miglioramenti per la cura della salute sono, invece, appese alle lotterie e ai gratificanti meccanismi stimolo-risposta che con un limitato contributo, permettono di attribuire a se stessi il successo di una raccolta di rilevanti fondi per la ricerca organizzata da un’attività di intrattenimento.

Osservare le cose non è interpretarne il senso

Niente di buono nei prossimi giorni

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Secondo le nostre previsioni di concentrazioni di Polveri sottili e Ozono, le concentrazioni domani e dopodomani saranno sempre alte e non accennano a diminuire.

Noi pubblichiamo da anni le concentrazioni al suolo di polveri sottili sul territorio italiano dal sistema di previsione di qualità dell’aria del Cetemps, il Centro di eccellenza per l’integrazione di tecniche di telerilevamento e modellistica per la previsione di eventi meteorologici severi, che si trova presso il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi dell’Aquila.
Nel sito sono riportate rispettivamente la concentrazione massima giornaliera di polveri con diametro minore di 10 micron (PM10) e 2,5 micron (PM2,5), in unità di microgrammi al metro cubo. Pubblichiamo anche i dati riguardanti l’Ozono (O3), il Biossido di azoto (NO2) oltre a temperature, vento e pioggia.

Clima, non solo «I like» ogni tanto leggiamo

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Perché Zika avanza e fa paura. Oggi la Temperatura media terrestre è aumentata di 0,7 gradi e i livelli del mare sono in lenta e costante crescita di 3,38 mm/anno. Una delle raccomandazioni del vertice sul clima di Parigi, la Cop21, era di non superare gli 1,5 gradi di riscaldamento rispetto alla media ma in Italia nel 2015 abbiamo raggiunto gli 1,4 gradi

La festa nelle Oasi Wwf

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Martedì 2 febbraio si festeggia in tutto il mondo la World wetlands day, la Giornata dedicata alle zone umide di importanza internazionale. Questi ambienti sono in grado di garantire beni e servizi ecosistemici essenziali, dall’acqua pulita alla protezione dalle inondazioni, e rafforzare così la resilienza ai cambiamenti climatici. Laghi, lagune, stagni e paludi garantiscono anche rifugio e cibo a tantissime specie, dai fenicotteri alle anatre ai limicoli e la presenza di questi offre ai visitatori delle zone più protette veri e propri spettacoli di natura.

L’appuntamento arriva anche in coincidenza con la chiusura della caccia, prevista da calendario per domenica 31 gennaio: la prossima domenica sarà dunque un’ottima occasione per inaugurare una stagione di osservazioni tranquille di anatre, folaghe, aironi, i piccoli limicoli e molte altre specie che affollano durante l’inverno le zone umide e vivere un’esperienza di conoscenza e divertimento a contatto con la natura.

In Italia il Wwf tutela molte aree umide che rappresentano buona parte delle oltre 100 Oasi dell’Associazione.
Già da domenica 31 gennaio in alcune di esse sono previste visite guidate speciali. Eccone alcune:

A nord, nell’Oasi Valle Averto (Veneto) visite guidate domenica pomeriggio dalle 14,30.
A pochi chilometri da Roma, nell’Oasi di Alviano (provincia di Terni), appuntamento la mattina alle 10,00 per attraversare il sentiero natura e visitare la Mostra fotografica sulle specie presenti nell’area protetta.
In Toscana, nelle storiche Oasi di Burano e Orbetello (Provincia di Grosseto) apertura straordinaria anche martedì 2 febbraio mentre domenica 31 Burano offrirà una visita guidata dal mattino con laboratori naturalistici all’aperto.
In Campania, nell’Oasi di Persano (Salerno), uno dei rifugi della rarissima lontra di fiume, si parte domenica alle 10. Quest’anno l’Oasi è stata scelta da una specie particolarmente rara, il falco pescatore, reintrodotto in un’area protetta toscana e che ha deciso di trascorrere l’inverno lungo le sponde protette del fiume Sele. Si potrà assistere anche alle operazioni di inanellamento degli uccelli, attività di ricerca che viene svolta quasi in tutte le aree del Wwf.
In Puglia ritrovo a Le Cesine sempre domenica alle ore 12,30 (vicino a Lecce) per una visita guidata.
Martedì 2 febbraio invece, è prevista una speciale Cerimonia nell’ambito di «Ecology 150 Anniversary», ovvero, l’anniversario della formalizzazione del concetto di ecologia, nato nel 1866 grazie ad Ernst Haeckel, biologo, naturalista, filosofo, scrittore, professore e artista tedesco.
Appuntamento dunque il 2 febbraio per la conferenza inaugurale (ore 11) a Lecce (Sala della Grottesca, Rettorato, Università del Salento). Alle 12,30 visita guidata presso la Riserva naturale delle Cesine. Le attività pertinenti la celebrazione Ecology 150 sono portate avanti insieme a numerose organizzazioni scientifiche e non, dall’Accademia Nazionale delle Scienze, alla Rete di ricerca lungo termine Lter, Wwf Oasi, LifeWatch Italia e molte altre; esse assumeranno format diversi, da classiche conferenze e seminari, ad attività di citizen science e per le scuole.

Greenpeace: «L’accordo sul clima è un punto di svolta, ma non basta e contiene una grande ingiustizia»

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Commentando la bozza di accordo in discussione al vertice sul clima di Parigi, Kumi Naidoo, direttore esecutivo di Greenpeace International, ha dichiarato:

«L’azione di contrasto ai cambiamenti climatici procede lentamente, ma ha cominciato a fare progressi. Questo accordo mette l’industria dei combustibili fossili dalla parte sbagliata della storia».

«L’accordo in discussione a Parigi è stato annacquato e inquinato da coloro che hanno depredato il Pianeta, ma il testo contiene un nuovo imperativo a limitare l’aumento della temperatura globale entro la soglia di sicurezza di 1,5°C. Questo limite, e il nuovo obiettivo di “emissioni nette zero” entro la seconda metà del secolo, provocheranno costernazione nei quartier generali delle compagnie del carbone e nei palazzi del potere dei Paesi esportatori di petrolio».
«Ora viene la più grande sfida di questo secolo. Come mantenere l’aumento di temperatura al di sotto di 1,5°C? Gli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni non sono sufficienti, e l’accordo di Parigi non fa nulla per cambiare questa cosa. Se davvero vogliamo raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero entro la seconda metà del secolo, dobbiamo azzerare quelle delle fonti fossili entro il 2050.

«L’accordo trascura inoltre i popoli più vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici e contiene un’intrinseca e radicata ingiustizia: le nazioni maggiormente responsabili del riscaldamento globale hanno promesso un aiuto misero a chi già oggi rischia di perdere la vita e i mezzi di sostentamento a causa dei mutamenti climatici».
«Questo accordo da solo non basta. Dovremo mobilitare un numero ancora maggiore di persone per liberarci dei combustibili fossili e costruire un futuro alimentato dalle energie rinnovabili. Quest’anno il movimento per il clima ha fermato le trivellazioni in Artico di Shell, ha bloccato l’oleodotto Keystone XL e avviato il carbone sulla strada del declino. Parigi è solo una tappa di un viaggio che prosegue. Il nostro destino sarà deciso nei prossimi anni dal coraggio collettivo della nostra specie. Sono sicuro che ce la faremo».

I punti salienti

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Questi nel dettaglio i punti salienti.

– Art. 2 – Mantenere il surriscaldamento entro i 2°C e possibilmente entro 1,5°C – Holding the increase in the global average temperature to well below 2 °C above pre-industrial levels and to pursue efforts to limit the temperature increase to 1.5 °C above pre-industrial levels, recognizing that this would significantly reduce the risks and impacts of climate change.
– Art 3 – Impegni volontari da comunicare e attuare, gli sforzi devono essere progressivi nel tempo – As nationally determined contributions to the global response to climate change, all Parties are to undertake and communicate ambitious efforts as defined in Articles … The efforts of all Parties will represent a progression over time…
– Art. 4 – Trasparenza – In communicating their nationally determined contributions, all Parties shall provide the information necessary for clarity, transparency and understanding…
– Impegni da comunicare, registrare pubblicamente e verificare ogni 5 anni o anche diversamente – Each Party shall communicate a nationally determined contribution every five years and shall be recorded in a public registry maintained by the secretariat.. A Party may at any time adjust its existing nationally determined contribution with a view to enhancing its level of ambition…
– Art. 5 – Impegni sui sink forestali – Parties should take action to conserve and enhance, as appropriate, sinks and reservoirs of greenhouse gases
– Art 6 – Cooperazione internazionale per la mitigazione e l’adattamento su base volontaria e sulla base di un meccanismo di cooperazione per la riduzione delle emissioni e per il supporto allo sviluppo sostenibile, meccanismo stabilito al comma 4 di questo articolo – Parties recognize that some Parties choose to pursue voluntary cooperation in the implementation of their nationally determined contributions… A mechanism to contribute to the mitigation of greenhouse gas emissions and support sustainable development is hereby established under the authority and guidance of the Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties to the Paris Agreement…

– Art. 6 – Il funzionamento del meccanismo di cooperazione internazionale (regolamenti, disposizioni e altro) dovranno essere stabiliti dalla Cop – The Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties to the Paris Agreement shall adopt rules, modalities and procedures for the mechanism referred to in paragraph 4 of this Article at its first session…

– Art. 7 – Adattamento e regole generali per attuare la cooperazione negli sforzi per l’adattamento ai cambiamenti del clima – Parties hereby establish the global goal on adaptation of enhancing adaptive capacity, strengthening resilience and reducing vulnerability to climate change, with a view to contributing to sustainable development and ensuring an adequate adaptation response in the context of the temperature goal referred to in Article 2.

– Art. 8 – Questioni relative a «loss and damage» cioè agli impatti negativi e ai danni dei cambiamenti climatici nei paesi più vulnerabili. Anche qui deve essere messo in piedi e funzionare un opportuno meccanismo (il Meccanismo Internazionale di Varsavia) già individuato precedentemente nella COP di Varsavia – The Warsaw International Mechanism for Loss and Damage associated with Climate Change Impacts shall be subject to the authority and guidance of the Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties to the Paris Agreement and may be enhanced and strengthened, as determined by the Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties to the Paris Agreement.

– Art. 9 – Questioni finanziarie e meccanismo finanziario della Unfccc – Developed country Parties shall provide financial resources to assist developing country Parties with respect to both mitigation and adaptation in continuation of their existing obligations under the Convention… The provision of scaled-up financial resources should aim to achieve a balance between adaptation and mitigation, taking into account country-driven strategies, and the priorities and needs of developing country Parties, especially those that are particularly vulnerable to the adverse effects of climate change…
– Art. 10 – Trasferimento di tecnologie – Parties share a long-term vision on the importance of fully realizing technology development and transfer in order to improve resilience to climate change and to reduce greenhouse gas emissions….. Support, including financial support, shall be provided to developing country Parties for the implementation of this Article, including for strengthening cooperative action on technology development and transfer at different stages of the technology cycle…
– Art. 11 – capacity building e sviluppo di capacità scientifiche, tecnologiche, ortganizzative ecc. nei paesi in via di sviluppo.
– Art. 12 – Formazione e informazione
– Dall’ Art. 13 in poi fino all’Art. 16 riguarda l’organizzazione generale per l’implementazione e l’attuazione degli impegni precedenti
– Dall’Art. 16 all’Art. 19 si parla degli organi sussidiari e di supporto;
– Dall’Art. 20 in poi si tratta delle questioni di ratifica, entrata in vigore, deposito degli strumenti di ratifica, ma anche delle questioni di recesso, modifica ecc di questo accordo.

Esce allo scoperto un’alleanza inaspettata

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Il «The Guardian» ha svelato che il patto è stato caldeggiato, in primis, dal ministro degli Esteri delle Isole Marshall. Sembra che tutto sia iniziato a luglio di quest’anno, in un incontro per un drink avvenuto ai margini di una sessione negoziale. Sarebbero poi avvenuti altri tre incontri, rimasti fino ad oggi segreti.

Secondo un comunicato rilasciato, sono quattro i punti fondamentali oggetto dell’intesa:
un accordo che sia vincolante, giusto, inclusivo, ambizioso, duraturo e dinamico;
un obiettivo di lungo termine che risulti in linea con le condizioni poste dalla scienza (cioè di 1,5°C);
un sistema di trasparenza e contabilità per verificare l’attuazione degli impegni nazionali;
un meccanismo di revisione quinquennale per incrementare adeguatamente i livelli di ambizione individuali e collettivi.

Questo inatteso connubio tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo manda un chiaro messaggio all’altro principale schieramento: Cina, India, Arabia Saudita e, in generale, gli LMDCs (Like Minded Group of Developing Countries), insieme agli altri Paesi che fanno parte dell’Umbrella Group (Australia, Canada, Giappone, Russia, Nuova Zelanda). Ora, questi ultimi dovranno scegliere con chi schierarsi.

Voci di corridoio parlano già di un’Arabia Saudita pronta ad accettare il target di 1,5°C, in cambio dell’eliminazione dei riferimenti alla de-carbonizzazione dell’economia. Al contrario, i Paesi più vulnerabili potrebbero vedersi costretti a rinunciare a decisioni ambiziose in relazione al meccanismo di compensazione «Loss and Damage».