Ci son state molte altre sceneggiate intermedie; la proposta di costruire un impianto di arricchimento dell’uranio per diffusione gassosa, Coredif, alimentato da quattro centrali nucleari da 1.000 megawatt ciascuna, da collocare in qualche posto, o a Pianosa o a San Pietro Vernotico, in Puglia, saltata prima che si cominciasse a parlarne. Qualcuno propose di costruire una centrale nucleare sulla Murgia, in Puglia, pompando l’acqua di raffreddamento dal mare. L’Enel intervenne con un terzo del capitale nella costruzione del reattore «veloce» francese Superphenix, «raffreddato» a sodio metallico. L’Italia partecipava con il 25 % al capitale dell’impianto francese di arricchimento dell’uranio per diffusione gassosa Eurodif, in cambio del diritto di ottenere uranio arricchito. Qualcun altro pensava alla costruzione di una nave a propulsione nucleare e forse magari ad una bomba atomica.
Nello stesso tempo si moltiplicavano manifestazioni, petizioni, proteste e anche critiche tecnico-economiche al vecchio programma energetico. Cito, per tutte, la «dichiarazione» datata 27 marzo 1976 su cui Italia Nostra raccolse in tutta Italia alcune migliaia di firme fra cui quelle prestigiose di Giorgio Bassani, Elena Croce, Antonio Cederna, Adriano Buzzati Traverso (e anche da me).
«Di fronte ai programmi di sviluppo della produzione di energia nucleare adottati dalle pubbliche autorità i sottoscritti cittadini ritengono che si tratti di decisioni estremamente azzardate assunte senza le necessarie cautele e senza la cosciente partecipazione della popolazione e dichiarano quanto segue:
1. L’energia elettrica ottenuta per via nucleare non è né economica, né pulita, né sicura.
2. Le valutazioni della presunta convenienza economica sono state fatte sulla base di costi degli impianti non aggiornati che non tengono conto delle spese necessarie per la custodia e lo smaltimento dei residui radioattivi e degli impianti fuori uso ineliminabili.
3. La scelta nucleare proposta condanna ugualmente l’Italia ad una dipendenza, inevitabile in ogni grande processo produttivo, da capitali stranieri e da brevetti, forniture e tecnologia, detenuti da pochi gruppi monopolistici, con tutte le conseguenze politiche e che ne derivano; tale scelta crea, anzi, condizioni peggiori di quelle attuali di dipendenza da combustibili tradizionali che almeno sono intercambiabili fra loro e possono essere acquistati su mercati diversi.
4. La scelta nucleare implica altresì rischi di incidenti catastrofici di portata e scala imprevedibili, che possono essere determinati anche da sabotaggi: variazioni climatiche e alterazioni agli ecosistemi naturali, che possono derivare dal grave inquinamento termico; la produzione di crescenti quantità di sottoprodotti radioattivi altamente pericolosi e difficilmente conservabili in maniera sicura.
5. Alcuni di questi sottoprodotti radioattivi costituiscono la materia prima per le bombe atomiche cosicché la scelta nucleare contribuisce alla diffusione degli armamenti e alla instabilità internazionale contraria agli interessi della pace.
6. I problemi prioritari dell’occupazione non trovano alcuna soluzione con la semplice moltiplicazione dei consumi e con la produzione di grandi quantità di energia, che favorisce solo lo spreco e lo sviluppo di industrie ad alto impiego di capitale e di energia per addetto.
Tutti questi problemi sono tenuti nascosti nel programma energetico nazionale
impedendo alla popolazione di assumere una chiara coscienza dei rischi, delle conseguenze e delle possibili alternative che sono connesse alla politica energetica in corso.
Pertanto, i sottoscritti chiedono che le ipotesi di sviluppo del consumo di energia vengano rivedute, tenendo conto delle maggiori possibilità di occupazione offerte da una politica di risparmio dell’energia e dopo aver chiarito come, cosa si intende produrre e per chi.
Domandano, infine, che venga sospesa l’approvazione del programma nucleare e che gli altissimi investimenti previsti per le centrali nucleari, ben più alti di quelli indicati all’opinione pubblica, vengano utilizzati in opere pubbliche ad alto impiego di mano d’opera, con priorità per i servizi collettivi relativi alla difesa del suolo e alla riforestazione, all’educazione, alla salute, alle abitazioni e vengano impiegati per ricerche dirette alla migliore utilizzazione e al risparmio dell’energia disponibile e all’impiego di fonti di energia alternativa.
In risposta a questo movimento la Commissione Industria della Camera, presieduta dall’on. Fortuna, avviò una indagine conoscitiva che durò dal novembre 1976 all’aprile 1977 e che, nel maggio 1977, produsse un documento destinato al governo e al Cipe.
La conclusione fu la decisione di costruire subito soltanto 12-13 centrali nucleari, invece di venti, e altre otto da avviare entro il 1985. Infine nel dicembre 1977 veniva approvato dal Cipe un secondo «programma energetico nazionale». Nel 1979 l’Enea/Disp aveva pubblicato un documento denominato «Carta dei siti» che indicava le possibili zone in cui localizzare le centrali.